Il 2023 dei social: tra IA creativa e l’illusione della partecipazione

di Giuseppe Miccoli

Nel 2023 i social network hanno attraversato l’ennesima mutazione genetica. A tracciarne la mappa, il report annuale di Plann: un osservatorio lucido su un ecosistema sempre più dominato dall’automazione, dall’intelligenza artificiale e dalla spinta continua alla produzione ipertrofica di contenuti. Ma sotto la superficie della “creator economy” resta il grande inganno della partecipazione.

L’integrazione dell’IA nella creazione di contenuti ha trasformato radicalmente il lavoro dei creator, degli editori e perfino degli utenti comuni. Testi generati automaticamente, immagini sintetiche, video animati in pochi clic. L’algoritmo suggerisce cosa dire, come dirlo, quando pubblicarlo e a chi mostrarlo. L’IA non è più solo strumento, ma architettura invisibile del discorso pubblico digitale.

Dietro la narrazione della democratizzazione creativa si nasconde il consolidamento del controllo da parte delle grandi piattaforme. La standardizzazione del contenuto — omogeneo, ottimizzato, prevedibile — non produce diversità, ma repliche sempre più efficienti di ciò che funziona. La viralità diventa formula industriale. Ogni feed è un palinsesto addestrato, ogni utente un micro-ingranaggio nella macchina dell’attenzione.

Plann racconta anche l’evoluzione delle piattaforme: la convergenza tra entertainment, commercio e influencer economy, l’ibridazione costante di formati, la cancellazione delle distinzioni tra pubblico e privato. Le piattaforme non ospitano più contenuti: producono ambienti sociali chiusi dove ogni interazione genera valore estrattivo. Non sei tu a pubblicare: sei il prodotto.

Il 2023 è stato così l’anno della piena colonizzazione dell’immaginario digitale. I social promettono voce e visibilità, ma restituiscono automatismi e algoritmi. L’apparente pluralismo dell’offerta maschera una profonda uniformità della domanda. È la nuova estetica della piattaforma: tutto è contenuto, tutto è vendibile, tutto è ripetibile. L’autenticità non è più un valore, ma un format.

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