Per noi occidentali il mare è spesso sinonimo di divertimento e relax. Non per tutti è così. Per i migranti che scappano dalla guerra in Africa è spesso evocativo di morte o sofferenze, perché hanno abbandonato i propri cari, la propria terra e il proprio mondo che probabilmente non rivedranno mai più dall’altro lato, sull’altra sponda. Da anni continuano ad arrivare sulle nostre coste e ancora l’Europa non è stata in grado di dare una risposta vera a questo fenomeno. Tante sono le Organizzazioni non governative che lavorano in mare per prestare soccorso. Lunedì 25 settembre la nave Aquarius della organizzazione umanitaria italo-franco-tedesca Sos Mediterranee gestita in partnership con Medici Senza Frontiere (MSF) ha tratto in salvo 20 naufraghi da una piccola imbarcazione in vetroresina a 25 miglia nautiche dalla costa libica, a nord di Sabrata. Tra i 20 naufraghi, tutti libici, anche 4 donne e tre minori. I casi medici e i loro accompagnatori, e poi tutti i passeggeri a bordo della imbarcazione in difficoltà, sono stati infine trasferiti a bordo della nave Aquarius, conformemente al diritto marittimo che richiede a tutte le navi di portare assistenza alle persone in difficoltà in mare.
Foto scattata il 25 settembre 2017
Tra i naufraghi c’è un ragazzo di 26 anni che racconta ai volontari si Sos Mediterranee la sua testimonianza.
“Non dormo da tre giorni. Ho perso tutto, non si può vivere in Libia, è diventato troppo pericoloso”, ha detto ai soccorritori della nave Aquarius il giovane libico. “In Libia non c’è più lavoro e si rischia di continuo di essere aggrediti. A Tripoli tre persone, giovanissime, si sono avvicinate e mi hanno puntato un’arma alla testa. Hanno preso l’automobile, lo zaino, il denaro. Qualunque cosa dici, se parli, ti uccidono”, ha proseguito il giovane. Una giovane coppia di studenti ha raccontato a una volontaria di Sos Mediterranee di essere stata costretta a fuggire dalla Libia a bordo dell’imbarcazione di fortuna a causa del generalizzato clima di violenza.
“Il mondo deve sapere cosa sta succedendo in Libia, la situazione è drammatica. Le persone rischiano di essere uccise per niente e, se non succederà qualcosa, se non cambia la situazione, moriranno tutti“, hanno a loro volta dichiarato due giovani libici di 20 e 23 anni ai soccorritori. “Un mio amico si è fatto sparare addosso perché ha rifiutato di dare i suoi soldi a degli uomini armati. È stato ferito a una mano e allo stomaco, ma non è stato curato in Libia perché non esistono più buoni medici e quelli che sono rimasti hanno paura per la loro sicurezza” hanno continuato.
La nave Aquarius su indicazione del MRCC ha quindi fatto rotta a tutta velocità verso Pozzallo per l’evacuazione medica dei pazienti – tra i quali un bambino che necessità di ricovero urgente – e lo sbarco degli altri naufraghi in un “porto sicuro”.
“La situazione nel Mediterraneo è sempre più complessa, ma una legge prevale, la legge del mare, che impone di dare assistenza alle persone in difficoltà in mare. È un obbligo del diritto marittimo internazionale, ma anche morale per Sos Mediterranee e dovrebbe esserlo anche per tutti gli Stati europei e mediterranei preoccupati da questa crisi umanitaria che si sviluppa alle loro porte. Sos Mediterranee invita ancora una volta i leader europei ad ascoltare le testimonianze dei naufraghi salvati in mare che descrivono una situazione di caos e di pericolo quotidiani per le popolazioni civili in Libia” ha dichiarato Sophie Beau, vice presidente internazionale di Sos Mediterranee.
Dall’inizio del 2017, la nave Aquarius ha accolto a bordo 11.822 persone. 9.307 sono state soccorse direttamente dal team, 2.515 sono state accolte a bordo dopo un trasferimento.