Attrezzi da pesca non biodegradabili sui fondali, serve alternativa eco-friendly

Le reti da pesca e le lenze che vengono perse o abbandonate in mare continuano ad essere attive anche molto tempo dopo che se ne perde traccia con un alto impatto ambientale per l’ecosistema marino. Infatti, la cosiddetta pesca fantasma (ghost fishing) continua attraverso le reti abbandonate che catturano pesci e altri animali marini per decine di anni.

Rosalba Giugni, presidente Marevivo; Giuseppe Priolo, presidente dell’Associazione Mediterranea Acquacoltori e Giampaolo Buonfiglio, presidente di Alleanza Cooperative Pesca, hanno fatto un accordo per trovare soluzioni pratiche ma anche per sensibilizzare e coinvolgere tutte le istituzioni sul problema. Il percorso deve partire da un tavolo congiunto tra il ministero dell’Ambiente e il ministero dell’Agricoltura e Pesca per arrivare ad una specifica normativa che preveda il ritiro e lo smaltimento gratuito delle calzette. L’urgenza del provvedimento è confermata anche in seguito all’operazione svolta recentemente a Gaeta dalla Guardia Costiera che ha scoperto lo smaltimento illecito di retini da pesca usati dai mitilicoltori. Le reti biodegradabili potrebbero costituire una valida alternativa a quelle convenzionali ma presentano alcuni limiti poiché possono rompersi e perdersi più facilmente delle reti comunemente usate. Inoltre, costano anche di più e quindi i pescatori potrebbero essere meno propensi ad utilizzarle. Da ciò si evince che sarebbe auspicabile un piano incentivi per ammortizzare i costi delle reti biodegradabili affinché possano essere utilizzate senza penalizzare, sotto il profilo economico, i pescatori.

 

 

 

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