Autonomia differenziata, dubbi su porti e logistica. Federlogistica: “Troppi interrogativi senza risposte”
Sanità, istruzione, commercio con l’estero e non solo. L’autonomia differenziata preoccupa anche la logistica e i porti.
A lanciare l’allarme e a evidenziare i punti più critici è Federlogistica: proliferazione di aree logistiche, senza programmazione e in assenza di una seria valutazione del mercato di riferimento, mancato sfruttamento, e non solo nei porti del Sud, delle reali opportunità, sacrificate sull’altare di vecchi schemi; il tutto in un quadro di riferimento normativo e di gestione finanziaria delle risorse pubbliche che rischia di essere “terremotata” dall’autonomia differenziata.
Per quanto concerne la logistica il presidente di Federlogistica Luigi Merlo sostiene che “il problema principale consiste nell’assenza di pianificazione; si trasformano quasi ovunque aree industriali e agricole in poli logistici, senza valutare alcune condizioni essenziali come i mercati di riferimento, il livello di infrastrutture, soprattutto ferroviarie, le valutazioni del mercato, le esigenze della portualità e quelle dell’e-commerce“.
Sul versante portuale “mentre si sottovalutano le opportunità derivanti anche dalla candidatura di molti porti pugliesi, siciliani e calabresi a diventare importanti hub logistici per gli impianti eolici, il pericolo maggiore si cela nell’implementazione dell’autonomia differenziata. Già il titolo V ha mostrato di essere un pesante vincolo per lo sviluppo della portualità. A fronte di un mercato globale – aggiunge Merlo – che risente sempre più di fenomeni e decisioni di rilevanza mondiale, abbiamo infatti crescente bisogno di una politica portuale nazionale, non del ritorno ai localismi di vario genere“.
Secondo Merlo è chiaro a tutti che i 13-14 miliardi di euro che lo Stato incassa ogni anno da Iva e accise delle merci che transitano nei porti rappresentano un bottino allettante per molte regioni, ma sarebbe opportuno ragionare su un riparto delle risorse evitando di destabilizzare il sistema. “L’autonomia differenziata solleva interrogativi senza risposte. Occorre domandarsi: come si concilia l’autonomia con la più volte annunciata riforma della legge portuale? Chi garantirà l’omogeneità tra porti, situati in regioni diverse, a servizio dei medesimi mercati? Chi saprà garantire coerenza tra i vari piani regolatori portuali? Avremo Presidenti di Autorità di Sistema Portuale nominati dal Governo e altri dalle Regioni? È forse il caso di ricordare come l’esperienza dei porti regionali sia risultata fallimentare rendendo obbligata la scelta di trasferire molti porti regionali (ultimo in ordine di tempo quello di Siracusa) sotto la giurisdizione delle Autorità di Sistema Portuale“.
“I porti di oggi – conclude Merlo – non sono neppure lontani parenti di quelli di vent’anni addietro: sono già, e diventeranno sempre più, luoghi di conoscenza, tecnologia e sicurezza, votati all’applicazione dell’intelligenza artificiale, alla cybersicurezza, all’utilizzo dei droni subacquei a supporto delle attività di monitoraggio anche nell’ottica delle sfide imposte dal cambiamento climatico. Per questo occorrono una maggiore attenzione del Governo e la creazione di nuove strutture basate su modelli di indirizzo e supporto multidisciplinari. Tutti temi non decentrabili neanche a quegli “Assessorati del mare” che le Regioni dovrebbero istituire e che rappresentano comunque uno sviluppo positivo sulla strada di una maggiore consapevolezza dell’importanza strategica di questo settore. Ma con l’autonomia differenziata, potrebbe delinearsi uno scenario devastante cronicizzando ed esasperando la già carente capacità di intervento su queste tematiche quando invece sarebbe indispensabile e urgente per il Paese poter contare su una riforma che centralizzi la programmazione portuale“.