Bangladesh offline: dieci giorni senza internet per spegnere il dissenso

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Bangladesh offline: dieci giorni senza internet per spegnere il dissenso
di Giuseppe Miccoli

Dal 18 al 28 luglio il Bangladesh ha vissuto uno dei blackout digitali più lunghi e incisivi degli ultimi anni. Una decisione politica estrema, quella del governo, che ha oscurato l’intero accesso a internet per dieci giorni consecutivi, nel tentativo dichiarato di arginare le proteste contro la riforma delle “quote” nel settore pubblico.

La riforma in questione mira a modificare il sistema di riserva dei posti nella pubblica amministrazione, storicamente destinati a gruppi svantaggiati come le minoranze e i figli di combattenti per l’indipendenza. Una manovra che ha innescato un’ondata di indignazione popolare, in particolare tra studenti e giovani professionisti, che vedono nella riforma un colpo all’equità e alla giustizia sociale.

Nel tentativo di disinnescare l’organizzazione delle proteste, il governo ha scelto di bloccare l’accesso alla rete. Niente social, niente app di messaggistica, niente comunicazioni digitali. Un silenzio forzato, calato in un paese dove oltre il 60% della popolazione accede abitualmente ai social per informarsi, organizzarsi e farsi sentire.

Ma il blackout non ha solo interrotto la protesta. Ha interrotto la vita quotidiana. Studenti impossibilitati a seguire lezioni online. Famiglie tagliate fuori da parenti all’estero. Piccole attività economiche bloccate. E una stampa locale che, senza rete, si è ritrovata disarmata.

Questo episodio riporta al centro il dibattito globale sull’uso del controllo digitale come strumento politico. Il governo di Dhaka ha difeso la decisione parlando di sicurezza nazionale, ma la comunità internazionale ha espresso preoccupazione per la limitazione delle libertà fondamentali, tra cui quella di espressione e di informazione.

Il blackout del Bangladesh non è un caso isolato, ma fa parte di una strategia sempre più frequente nei regimi autoritari e semi-autoritari: spegnere internet per spegnere il dissenso.
Ma ogni blackout è anche un’ammissione di debolezza. Un governo che ha bisogno del silenzio per mantenere l’ordine è un governo che teme le parole, i video, le voci.
E prima o poi, quelle voci trovano sempre il modo di tornare a galla. Anche senza connessione.

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