Crisi nera per la pesca: caro carburante alle stelle. Amoroso: “In molti pensano di posare le barche”

L’aumento dei costi del carburante sta mettendo in ginocchio il settore della pesca. Le difficoltà che da anni affliggono i lavoratori, nell’ultimo periodo, si sono accentuate. Siciliammare.it ne ha parlato con Natale Amoroso, Presidente dell’Organizzazione di Produttori della pesca di Trapani.

Siamo in una situazione complicata, il caro gasolio è arrivato a picchi di 1,40 euro mentre l’anno scorso costava la metà. Considerando che il prezzo del gasolio incide del 60% sul bilancio di tutta l’azienda, sta diventando insostenibile. È un fattore drammatico che sta portando tanti a posare le barche. Bruciamo soldi quando andiamo in mare“.

Gli operatori non chiedono aiuti vorrebbero avere dei costi più abbordabili. La differenza – ha aggiunto – tra il carburante agricolo, che usiamo, e quello del consumatore comune si è ridotta di molto. Prima era ¼ rispetto a quello della pompa. Bisognerebbe trovare delle politiche che consentano di abbattere alla fonte il costo del carburante“.

In merito all’istituzione del neonato Ministero della Politiche del Mare Amoroso si è dichiarato molto scettico: “Bisognerà capire che competenze avrà, dato che girano tra i vari ministeri, e cosa farà di concreto. Non penso possa avere competenze in materia di pesca. Aspettiamo di vedere. Per come eravamo, bastava che le cose e i Ministeri funzionassero bene. Non vedo come una modifica possa andare a comportare“.

Ma i problemi che attanagliano il settore in Sicilia sono anche altri ed hanno radici più lontane: “In sede nazionale abbiamo sollevato la questione che la Sicilia ha una dotazione di fondi più elevata rispetto alla altre regioni ma si blocca fortemente nella macchina burocratica. Se presentiamo un progetto a carattere nazionale abbiamo 10 mesi su 12, potenziali, per lavorare, sia in fase di rendicontazione, di spesa e di sviluppo. In Sicilia ne abbiamo 4 su 12. Rispetto al resto di Italia siamo indietro anni luce, non abbiamo mercati ittici. A Trapani il nostro sindaco ha ritenuto opportuno cancellarli“.

E’ necessario che le politiche comuni della pesca riconoscano anche i politici locali. Non bisogna più pensare di essere siciliani o italiani, siamo europei. Abbiamo anche denunciato il Comune di Trapani per negligenze in fatto di controlli sui prodotti della pesca. Tutti sanno che le cose non funzionano, nessuno solleva il problema ma poi si vanno a fare i controlli nei ristoranti, sulla filiera sapendo che già a monte le cose non funzionano. Basta una maggiore organizzazione e organizzazione tra organi di controllo e imprenditori – prosegue –. Le cose non vanno bene perché andiamo in due direzioni diverse. Noi andiamo verso lo sviluppo territoriale mentre chi dovrebbe tutelarci non assicura questo servizio e quindi emerge l’illegalità“.

In Sicilia abbiamo pochissime strutture. Vengono emanati regolamenti europei con carenza regolare, circa uno a settimana, e che sono rispettosi della politica comune della pesca ma che a priori pensano che tutti gli stati europei siano attrezzati, invece no. Corriamo a velocità diverse – conclude Amoroso – rispetto ad altri paesi come la Spagna o i paesi del Nord Europa. Da tempo abbiamo perso le nostre caratteristiche e le nostre specificità. Ormai siamo europei e dobbiamo produrre tutti le stesse cose. Siamo carenti di strutture a terra ma poi ci chiedono l’etichettatura con i metodi più ingegnosi possibili, e noi non siamo in grado di farlo. Il problema è strutturale“.

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