Dal computer spento ai reels sotto le coperte

di Giuseppe Miccoli
C’è stato un tempo in cui la tecnologia aveva un confine. Dopo cena, ci si collegava alle chat, si scambiavano file mp3, si parlava di musica e di passioni. Poi, con un clic, si spegneva il computer. Quel gesto era simbolico: chiudere lo schermo significava chiudere la giornata, concedere alla mente la possibilità di pensare senza interferenze. La rete aveva un inizio e una fine, come una parentesi che non pretendeva di inglobare tutta la vita.
Oggi quel confine non esiste più. Gli smartphone hanno sostituito i computer da scrivania e con loro è scomparso il gesto di “spegnere”. Li portiamo ovunque, anche a letto, nascosti sotto le coperte. Non sono strumenti che si accendono e si spengono, ma prolungamenti permanenti delle nostre mani e dei nostri pensieri. Ci addormentiamo non più dopo un libro, una chiacchierata o un disco, ma scorrendo compulsivamente reels e feed infiniti, come se il sonno fosse l’unico limite rimasto alla connessione.
Il passaggio dagli mp3 condivisi alle clip algoritmiche racconta una mutazione culturale. Un tempo eravamo noi a scegliere cosa diffondere, a cercare la canzone giusta da inviare a un amico, a costruire una piccola comunità intorno a un file musicale. Era un atto lento, quasi artigianale, che trasformava la condivisione in relazione. Oggi, invece, la logica è invertita: non siamo noi a cercare, ma sono i contenuti a trovarci. I reels si susseguono senza che ci sia bisogno di selezione, lasciandoci in balia di un flusso continuo che più intrattiene, più trattiene.
Dal computer spento allo smartphone acceso in eterno, dalla musica scelta alle clip imposte dagli algoritmi, il salto è stato breve ma decisivo. Abbiamo guadagnato velocità, ma perso profondità. La giornata non si conclude più con il gesto di “chiudere tutto”, ma con il dito che scorre fino all’ultimo momento utile, rubando tempo al silenzio, alla riflessione, persino al sonno.
Forse la vera rivoluzione, oggi, non è inventare un nuovo social o una nuova funzione, ma recuperare il coraggio di spegnere, restituendo alla mente quello spazio che nessun algoritmo potrà mai sostituire.