Enzo Maiorca e il suo amore per il mare nel ricordo della figlia Patrizia | Video
Di M. Laura Crescimanno
Nel nome di Enzo Maiorca, padre, maestro, campione, sportivo, scrittore, custode del mare siciliano. Soprattutto il suo mare, quello di Ognina e dei fondali di Siracusa strappati al degrado. Oggi Patrizia Maiorca raccoglie il testimone per la salvaguardia del patrimonio marino. Anche lei campionessa di apnea, è oggi presidente dell’ AMP del Plemmirio, membro della prestigiosa associazione ambientalista internazionale Sea Shepherd Conservation Society americana. Dal 18 giugno sarà presente ad Ustica, in occasione della Rassegna di Attività Subacquee, che è stata intitolata al padre, figura simbolo della difesa del mare siciliano, campione di apnea mondiale. A Ustica infatti, Patrizia Maiorca con il regista Pippo Cappellano riproporranno il ricordo del record mondiale del padre conseguito nel 1962.
Cinquantanove anni, sposata con tre figli, è cresciuta con un padre che nell’ azzurro identico degli occhi sembra averle trasmesso un destino. Oggi Patrizia, anche lei con alcuni record mondiali alle spalle (meno 35 metri nel 78 e meno 40 nell’ 87) insignita nel 2015 del Tridente d’ Oro, il nobel del mare, è impegnata in prima persona nella sensibilizzazione e protezione dell’ ambiente marino.
Patrizia, il suo lavoro per il mare di Siracusa continua a portare avanti le battaglie di suo padre…
“Ognina, il piccolo porticciolo tanto caro a mio padre, è stata negli anni stravolta dal cemento e dalle costruzioni di ville residenziali. Ma è lì che papà ci portava a passeggiare da bambine, è lì che ci insegnava con il gioco il senso spartano della vita, lasciandoci saltare tra le posidonie in piena libertà, trasmettendoci sia il rigore che la passione per il mare che ci lega ancora oggi. Oggi, grazie alla protezione del parco, alla nascita nel 2205 dell’ AMP del Plemmirio, la vita inizia a rifiorire tra gli anfratti.
Il Mediterraneo non è stato distrutto, e ci tengo a chiarire la cosa, dai pescatori sportivi della domenica, che pure dovrebbero avere una maggiore coscienza ecologica contro lo spreco delle risorse ittiche, ma dalla pesca industriale e da quella di frodo e dagli scarichi indiscriminati. A questo si aggiungono le reti abbandonate sui fondali in Mediterraneo, è una vera piaga contro cui tutti i subacquei dobbiamo combattere segnalandole ed eliminandole. Il volontariato può fare molto per il mare. La nascita delle AMP darà di sicuro benefici alla conservazione e rigenerazione dei fondali, ma occorre anche proteggere la costa, coinvolgere i cittadini, le scuole e far sentire la nostra voce”.
Qual’ è il più antico ricordo che lega dall’ infanzia Enzo campione di subacquea e la piccola Patrizia? Quale legame con la piccola isola di Ustica dove tornerai a giugno nel ricordo di suo padre?
“Il mio primo ricordo di mare con papà è legato ad Ustica negli anni 50 quando si teneva la Rassegna di Attività Subacquee di livello internazionale. Io piccolissima giocavo tra gli scogli ed attratta dal luccichio del fondale lavico, mi gettai in acqua verso i miei genitori. Forse quello fu l’ inizio di tutto. Papà (che di professione era informatore scientifico) quando tornava a casa ci dedicava molto tempo con disponibilità, pur essendo severo e fermo nel darci delle regole. Ci faceva un fischio e ci portava a fare lunghe escursioni tra mare e campagna. Oltre ad Ognina, e le uscite in barca da Ortigia, frequentavamo spesso le scogliere del Plemmirio, la penisola della Maddalena, per la cui protezione papà spese la sua immagine con filmati e video, tutte attività no profit, ma allora lo sport era altra cosa. Poi, da adolescenti, iniziò il periodo degli allenamenti, per nove mesi all’anno facevamo un’ ora al mattino presto in piscina, poi corsa o immersioni, lui si inventava di tutto, era un istruttore a dir poco geniale. Ricordo quando in piscina ci disse di portare le bacinelle del bucato, lasciandoci a bocca aperta… sarebbero servite per nuotare sott’acqua spingendole in avanti per simulare l’ attrito dell’ immersione. In inverno, quando non si poteva andare in mare, ci mettevamo la cintura dei pesi e l’ allenamento consisteva nel salire 15 volte le scale di casa, i gradini alti di un antico palazzo di Ortigia… sotto gli occhi straniti di un pool di professori del CNR, che seguivano la famiglia Maiorca per studiarne parametri biologici e fisici”.
Oggi il mare e le coste in prossimità dei centri abitati sono in continuo pericolo. Qual’ è il suo impegno ed il messaggio da dare a chi vuole fruire del mare in maniera corretta?
“La sicurezza in mare è una cosa fondamentale. Chi continua a fare pesca subacquea, forse farebbe meglio piuttosto a posare il fucile e andare in giù muniti di macchina fotografica, deve tenerlo bene a mente. Sicurezza significa non andare in acqua mai soli o senza i segnali di superfice. Il sistema di coppia deve essere corretto, chi scende in fondo deve avere un compagno in superfice che lo controlla, questo può salvare la vita. L’ immersione con le bombole, che si accompagna benissimo alla fotografia, regala sensazioni meravigliose. Nei fondali protetti delle AMP si stanno ricreando condizioni ambientali molto favorevoli. Un esempio, un termometro di recupero ambientale, è stato per noi il Seccone del Capo, oggi in zona A di protezione integrale al Plemmirio. Una secca un tempo straripante di pesce e di vita tra i 12 ed i 35 metri, negli anni rovinata dalla pesca a strascico, dove le reti di plastica venivano abbandonate dai pescatori. Oggi, grazie alla protezione del parco, la vita inizia a rifiorire tra gli anfratti. Poi sono molti i progetti di educazione ambientale che coinvolgono le scuole ed i bambini.