Facebook cambia faccia (di nuovo). Ma chi la guarda più?

di Giuseppe Miccoli

Facebook ha cambiato logo. È una notizia, certo. Ma non come un tempo. Nessun clamore, nessuna protesta, nessuna ironia virale. Solo una nota ufficiale di Meta: “abbiamo rafforzato il colore, rivisto il font, migliorato la leggibilità”.
È il rebranding più silenzioso della storia dei social. Ma anche il più rivelatore.

Il nuovo logo è un azzurro più intenso, un carattere più morbido, una sensazione di stabilità. È pensato per essere riconoscibile ovunque: su smartwatch, visori VR, app mobili, smart TV. Ma ciò che inquieta non è l’estetica — sobria, funzionale, prevedibile — quanto il bisogno stesso di essere riconosciuti.

Perché Facebook oggi è un marchio logoro. Nonostante miliardi di utenti attivi, la sua centralità è evaporata. Non è più luogo di scoperta, ma spazio di memoria. Lo usiamo per vedere foto del passato, per seguire un gruppo locale, per rispondere a una notifica. Ma non lo abitiamo più.
E allora Meta prova con la cosmesi. Cambia pelle per sembrare viva. Rende il logo più moderno, il blu più acceso, l’interfaccia più dritta. Ma un simbolo non basta a salvare un’identità.

Questo restyling racconta di un social che non sa più cosa raccontare di sé, se non un’estetica aziendale. Facebook non si propone più come spazio di comunità, ma come contenitore neutro. Ha smesso di essere una voce, ora vuole solo essere presente — in tutti i dispositivi, in ogni angolo del mondo, anche se nessuno lo guarda davvero.

Non è la prima volta che un colosso tech cambia logo nella speranza di cambiare destino. Ma la storia insegna che la grafica segue sempre la cultura. E oggi, la cultura di Facebook è quella della sopravvivenza silenziosa.

Il logo si aggiorna. Il mondo no. E la vera domanda è: a cosa serve essere riconoscibili, se nessuno ti cerca più?

Potrebbero interessarti anche...