Federpesca Sicilia, gli aiuti del fondo “Cura Italia” non bastano
Abbiamo intervistato Il presidente di Federpesca Sicilia, Santo Adamo,
che dichiara la sua insoddisfazione per il fondo “Cura Italia” in quanto
aiuta ben poco un comparto che sta vivendo una crisi nera da molto tempo.
Sulla base al decreto “Cura Italia” ci sono dei provvedimenti che possono
soddisfare la marineria siciliana ? Vi dichiarate soddisfatti di tale decreto?
Tutta la marineria siciliana viene da una crisi profonda che dura da molto tempo.
Da Gennaio a oggi si è lavorato poco o niente.
I provvedimenti che il governo mette in atto sono ben poca cosa, i costi certi di una moto pesca
ammontano a 40000 euro, tenendo conto che al ritorno può non riprendere questi costi
per condizioni meteo avverse.
Gli aiuti più sostanziosi, previsti dal decreto, sono quelli previsti per i marittimi per quanto riguarda
la loro cassa integrazione di cui hanno un gran bisogno,ma agli armatori non va niente
tenendo conto che il contributo di fermo biologico
si aggira intorno ai 7000/8000 euro al mese per natante.
Tale costo non copre i costi di manutenzione delle apparecchiature
marine e per gli attrezzi di pesca che rimangono inutilizzati.
Le imprese marittime, per riprendere il mare hanno bisogno di liquidità, i pescherecci che rientrano non hanno
riscontro con i commercianti poiché essi non ritirano il prodotto e sono costretti a metterlo a deposito
non sapendo quando potranno monetizzare il ricavato del prodotto.
Questa è una situazione di crisi che si trascina da tempo e che risente
pesantemente anche della competizione con i paesi rivieraschi i quali, non essendo soggetti alle regole
dettate da Bruxelles, riescono a lavorare con maglie più piccole
prendendo un numero maggiore di gamberetti che immettono anche nel nostro mercato.
“Come si può aiutare oggi la marineria vista la grande crisi portata dal Coronavirus?”
Ci vogliono degli aiuti strutturali comunitari che, purtroppo, procedono a rilento.
Noi non possiamo aspettare e restare inattivi per tanto tempo attendendo questi aiuti comunitari.
I pescatori devono cercare di lavorare nonostante i tempi lunghi previsti per ammodernare il comparto.
Inoltre, c’è bisogno di fare anche una tavola rotonda con tutti i paesi del mediterraneo per avere condizioni lavorative uguali per tutti e con le stesse attrezzature previste dalle direttive di Bruxelles.
Per riprendere il mare, dopo questa situazione emergenziale data dal Covid-19
abbiamo bisogno di aiuti economici, anche un minimo, ma dati subito e non con i tempi lunghi
dati dalla UE o dal governo italiano.
Una probabile soluzione potrebbe essere il ricorso alla così detta “Cambiale Azzurra”ossia
una tantum, a mo’ di ricapitalizzazione, data ai pescherecci e alla ditta
stessa per dare la possibilità di ricapitalizzare e rimettersi nuovamente in moto. I soldi richiesti non sarebbero a fondo perduto poiché li ridaremmo rateizzati a 10 anni.
“Come ha risposto l’assessorato della pesca e dell’agricoltura a questa situazione emergenziale?
Vi sono dei problemi strutturali alle vostre imbarcazioni che dovete risolvere e che risposte avete ottenuto
dall’assessorato?”
La Federpesca si sta attivando per richiedere gli aiuti di stato che però non sono sufficienti per riprenderci dalla crisi.
Gli aiuti più cospicui riguardano il blocco delle tasse da pagare.
Purtroppo, L’assessorato non ha risposto alle nostre richieste.
Quando l’abbiamo contattato non ci ha risposto perché riteneva che sia lo Stato a darci i finanziamenti di cui abbiamo bisogno.
Entro la prossima settimana, quando rientreranno i pescherecci, dato che al momento non possono
smerciare il pescato, vorremmo che una banca ci aiutasse con aiuti economici a supporto dei pescherecci.
Fortunatamente, al nostro appello per una liquidità bancaria, ha risposto positivamente
la banca del credito cooperativo Toniolo San Cataldo di Caltanissetta che è disposta a darci un prestito, con la garanzia di Mediocredito, purché ci sia un beneplacito da parte dello Stato.
“Nonostante la scarsità di pesce disponibile sul mercato, allo stato attuale, il consumatore finale
mangia più o meno pesce?”
Fortunatamente, il consumatore medio reagisce bene alla crisi consumando più pesce anche perché è consapevole della alta qualità del prodotto.
Tuttavia rimane sempre un disinteresse da parte della comunità europea che non fa niente per metterci nelle migliori condizioni per andare a pescare, con il conseguente paradosso che viene importato tanto pesce all’estero, mentre nei nostri mercati il pesce locale arriva in quantità minori rispetto a quanto esportato.
Se avessimo un maggior supporto per immettere più pescato nei nostri mercati, rispettando i dovuti criteri, potremmo così soddisfare più richieste tenendo conto della qualità eccellente del nostro pescato che ci viene riconosciuto in tutto il mondo.