“Gente di mare”, vite e rotte di marinai di lungo corso

Quando si imbarcò il 2 ottobre 1916 Francesco Caravello aveva solo otto anni. E perché fosse iscritto tra la “gente di mare” fu necessario il consenso del padre davanti al sindaco. Il mozzo Salvatore Ajena era almeno più “anziano”: di anni ne aveva già dieci. Il nostromo Luciano Culotta aveva 14 anni quando cominciò la sua navigazione che concluse nel 1931 dopo 44 anni, quattro mesi e due giorni durante i quali era riuscito a trascorrere a casa meno di quattro anni. Questa era la vita, spesso organizzata come un romanzo, di una umanità che passava sul mare quasi tutta la propria esistenza tra avventure, privazioni, fatiche, pericoli tali da dare un senso all’interrogativo di Lucio Dalla: “Ma come fanno i marinai…”. Come fanno, anzi come facevano, lo racconta Mario Genco nel libro “Gente di mare” (Torri del vento edizioni, 175 pagine, 14 euro), il primo di tre volumi nei quali viene ricostruita una “storia possibile” della marineria siciliana dalla fine del Settecento alla prima metà del XX secolo. La storia complessiva è raccontata da Genco attraverso le vite di tanti marinai riprese dai registri delle Capitanerie di porto di Palermo, Termini Imerese, Castellammare del Golfo, Cefalù, ma anche da quelli comunali, statali, parrocchiali e scolastici. La vita sulle navi, grandi e piccole, cominciava molto presto. Gli ufficiali venivano dal Collegio nautico e avevano 18 anni. A 24 erano già capitani di lungo corso e comandavano i brigantini che si avventuravano nell’Atlantico, nel Baltico, nei mari del Sud. Molti di loro appartenevano a famiglie che hanno legato il loro nome alla storia della marineria (e non solo): da Pirandello a Rallo, da Onorato a Stabile, da Vella a Corvaja. Ma c’erano anche tanti eroi per caso che vivevano, navigavano e spesso morivano incrociando guerre, tempeste e perfino eruzioni, naturalmente “storiche”.

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