Giornata mondiale degli oceani: come nasce e cosa rischia il polmone blu della Terra

L’8 giugno è la Giornata mondiale degli oceani. L’evento ha l’obiettivo di portare all’attenzione di cittadini, enti e istituzioni l’importanza degli oceani e il ruolo fondamentale che svolgono negli equilibri della vita sulla Terra. Gli oceani sono infatti ecosistemi straordinariamente ricchi e ancora parzialmente inesplorati, soggetti tuttavia a forti pressioni che rischiano di metterne a repentaglio la biodiversità.

La Giornata è nata nel l’8 giugno del 1992 nell’ambito del vertice sull’ambiente di Rio de Janeiro, con l’intento di accendere i riflettori sui rischi legati allo sfruttamento dell’ambiente marino e come auspicio per interventi mirati sul medio e lungo periodo. Dal 2008 la Giornata è riconosciuta anche dalle Nazioni Unite.

Gli oceani sono fonte di cibo, energia e lavoro per gli esseri umani. Coprono tre quarti della superficie terrestre dando ospitalità alla più grande biodiversità di specie animali e vegetali. Regolano anche la temperatura terrestre rendendo possibile la vita sulla Terra. La nostra salute e i cambiamenti climatici sono indissolubilmente legati alle grandi distese marine, che oggi soffrono dei danni causati dall’inquinamento e dalla dispersione di plastiche e microplastiche.

Il tema scelto quest’anno dall’Onu è “Planet Ocean: Tides are Changing” (“Pianeta Oceano: le maree stanno cambiando”). L’oceano, ricorda l’Onu, “copre la maggior parte della terra, ma solo una piccola parte delle sue acque è stata esplorata. Nonostante la totale dipendenza dell’umanità da esso e rispetto all’ampiezza e alla profondità di ciò che ci offre, l’oceano riceve in cambio solo un frammento della nostra attenzione e delle nostre risorse“. Ma, si legge nella pagina web dell’Onu dedicata alla Giornata, “le maree stanno cambiando, e per celebrare questa Giornata e il tema del 2023, Pianeta oceano, le Nazioni Unite stanno mettendo insieme le forze con decisori politici, scienziati, dirigenti del settore privato, rappresentanti della società civile, comunità indigene, celebrità e giovani attivisti per mettere l’oceano al primo posto“. Quest’anno è il 10/o del Concorso fotografico annuale per la Giornata mondiale degli oceani ed è prevista una mostra celebrativa nella sede dell’Onu a New York.

Per l’occasione WWF Italia ha lanciato un nuovo report. Il “mare fuori”, che occupa i territori oltre le 12 miglia dalla costa, è essenziale per la vita marina e di conseguenza per la nostra salute e benessere, ma due terzi (66,8%) del mare aperto italiano sono sotto assedio: traffico marittimo, pesca insostenibile, inquinamento tutto aggravato dagli impatti del cambiamento climatico che colpiscono fortemente tutto il Mediterraneo.

Il report sottolinea come in questo spazio vivono, si nutrono, si riproducono, o semplicemente lo attraversano nei loro spostamenti, le specie ‘pelagiche’, tra cui balenottere comuni, capodogli, globicefali, tursiopi, stenelle, foche monache ma anche tartarughe marine, squali, tonni, pesci spada e fuori dall’acqua uccelli come berte, sterne e uccelli delle tempeste. Diventa così urgente salvare questo spazio sconosciuto e ricchissimo di vita, ricco di paesaggi variegati con montagne sottomarine (circa 300 in tutto il Mediterraneo), fosse profonde che si inabissano fino a 5.000 metri di profondità e oltre 500 canyon sottomarini, dove la biomassa e l’abbondanza di specie possono essere da 2 a 15 volte superiori rispetto alle aree circostanti alle stesse profondità. Il report del WWF denuncia l’assedio crescente alle risorse del mare pelagico, dove alla biodiversità marina resta solo un 27% teoricamente libero dagli impatti diretti (ma non da quelli indiretti e cumulativi).

Il 73% degli stock ittici vengono ancora pescati oltre i limiti sostenibili, più velocemente della capacità di riprodursi delle specie. Sebbene lo stock di tonno rosso del Mediterraneo e Atlantico orientale sia finalmente in via di recupero grazie a efficaci misure gestionali, permane la pratica completamente insostenibile delle gabbie di ingrasso dove, per far crescere 1 kg di tonno, servono 15 kg di piccoli pelagici, come acciughe e sardine, già sovrasfruttate.

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