I cambiamenti climatici si abbattono sulla pesca, in dieci anni danni da oltre due miliardi

Acque più calde, specie invasive ed eventi climatici sempre più estremi mettono a rischio il futuro del mare e della pesca in Italia.

L’impatto dei cambiamenti climatici in dieci anni sul settore supera i due miliardi, tra mancate catture (-30%), danni infrastrutturali (70% porti insicuri) e invasioni biologiche (una specie su tre sarà aliena entro 2050). E’ la stima di Confcooperative Fedagripesca, che comprende, non solo le alterazioni degli ecosistemi marini, ma anche i rischi per la sicurezza in mare.

Il Mediterraneo, sottolinea l’associazione, si sta riscaldando il 20% più velocemente della media globale, con conseguenze sulla migrazione di specie come tonni, sardine e acciughe in cerca di acque più fresche. Gli eventi meteorologici estremi poi, con tempeste e mareggiate sempre più violente, danneggiano le imbarcazioni e riducono i giorni di pesca. Eventi estremi che provocano insabbiamenti delle imboccature dei porti, con manutenzioni che stentano ad arrivare.

Il risultato è che sette porti pescherecci su dieci, precisa Fedagripesca, sono sempre meno sicuri, e questo riguarda quasi tutte le regioni costiere. Una situazione che ha fatto perdere negli ultimi dieci anni il 30% delle giornate di pesca. Il settore vale 1,5 miliardi di euro l’anno e dà lavoro a oltre 30mila persone, tra pescatori, lavoratori dell’indotto e cooperative, che rappresentano oltre l’80% dei produttori ittici italiani. Da qui la necessità dell’associazione di investire di più in ricerca per studiare il mare che cambia e fornire alle imprese strumenti adeguati per adattarsi, evitando di rincorrere continue emergenze.

Dobbiamo fare i conti con il clima che cambia – afferma Tiozzo, vicepresidente di Confcooperative Fedagripesca ma è cruciale comprendere ciò che avviene nelle nostre acque e in questo, la ricerca è determinante“.

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