I pescherecci siciliani si avviano alla “rottamazione”: fa paura la nuova stangata che peserà sulle marinerie

Mentre è in corso la protesta degli agricoltori una nuova spada di Damocle pende sulla testa dei “cuginipescatori.

Non è ancora ufficiale ma il quadro generale è abbastanza chiaro. Dal Fondo europeo Affari Marittimi Pesca e Acquacoltura arriveranno 74 milioni di euro, destinati alla demolizione dei pescherecci obsoleti. Le marinerie siciliane e italiane si apprestano dunque ad accogliere la nuova linea politica tracciata dall’Ue, che da anni ha posto come obiettivo primario la sostenibilità e la riduzione dello sforzo di pesca. Normative, divieti e limitazioni hanno però preso il sopravvento su storia, tradizione e soprattutto innovazione e competitività, senza valorizzare la grande diversità che intercorre tra i vari sistemi di pesca dal nord al sud dell’Europa. 

La misura è contenuta all’interno del piano operativo italiano Feampa 2021-2027 e prevede due avvisi, con una somma complessiva di 150 milioni. La prima parte, come già annunciato, verrà sbloccata a breve mentre per la seconda bisognerà attendere la metà del settennio. Il provvedimento del Fondo è sempre stato presente nei piani di gestione pluriennali ma a preoccupare sono le conseguenze che potrebbero abbattersi sui livelli occupazionali e su una flotta di pescherecci ormai ridotta all’osso e che, se venisse ulteriormente dimezzata, difficilmente riuscirebbe a garantire il fabbisogno di pesce fresco richiesto sulle tavole dei consumatori. Alla luce dei divieti e dei controlli però, lo strumento della demolizione rimane l’unica via d’uscita per evitare il tracollo economico e finanziario per le imprese del settore della pesca.

L’obiettivo per cui l’Unione europea ha speso miliardi di euro negli ultimi 30 anni per la riduzione dello sforzo di pesca a oggi non è stato raggiunto. L’intento sembra quello di far cessare definitivamente la capacità di produzione da parte delle flotte che operano nel Mediterraneo fino alla prossima programmazione, a cavallo del 2030. Si parla di demolizione e quindi di chiusura definitiva delle attività di pesca“. Ha dichiarato l’esperto del settore Giuseppe Messina che ha sottolineato come “oltre che all’impatto che potrà avere nel settore, preoccupanti sono le ripercussioni che tale azione avrà su terre come la Sicilia che rischia così di perdere un pezzo del proprio patrimonio genetico e storico“.

In Toscana è già scattato l’allarme per le flotte grossetane e livornesi dove una barca su due potrebbe decidere di aderire, dimezzando così i pescherecci.

Numeri alla mano, quanti pezzi perderebbe invece la Sicilia?A essere coinvolte dovrebbero essere circa l’8% delle imbarcazioni siciliane” ha specificato Vincenzo Marinello, presidente della cooperativa pescatori di Sciacca. Una cifra dunque non elevatissima ma che comunque desta preoccupazione. “E’ comunque un problema perché si ridimensiona sempre di più il settore. Non sono grandi numeri ma quando si demolisce significa che vengono meno le imprese di pesca: il settore si affievolisce, diminuiscono le unità di pesca e si ridimensionando. La Sicilia rappresenta oltre il 30% della flotta italiana e anche una tale percentuale pesa“.

Un tema quello delle imbarcazioni molto caro a chi lavora tra le onde del Mediterraneo, tra i limiti di giorni di pesce e le restrizioni sulle catture nelle specifiche aree geografiche. Ma quest’ultime non riguardano tutti i paesi bagnati dal Mare Nostrum. La non condivisione delle strette ha permesso, anno dopo anno, alle flotte della regione del Maghreb di diventare padroni delle acque, attuando nei fatti una concorrenza sleale che non solo ha messo in discussione la tradizionale forza delle marinerie, in questo caso, siciliane ma che ha anche favorito l’importazione di prodotti tipici come il rinomato gambero rosso, che ha ormai “cambiato cittadinanza“. Sorge dunque il dubbio sull’efficacia delle misure adottate da Bruxelles che non tengono conto dell’impatto delle flotte non europee, sospinte da un programma differente. Il governo tunisino, per esempio, finanzia le imprese che si cimentano a realizzare imbarcazioni per la pesca del tonno o d’altura e, dal punto di vista fiscale, esenta, per i primi dieci anni, dal pagamento delle imposte coloro che investono su imbarcazioni nuove e tecnologicamente avanzate.

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