Il 22 marzo è la Giornata mondiale dell’acqua: tra siccità, accesso e sostenibilità

Si celebra oggi, 22 marzo, la Giornata mondiale dell’acqua. Il ‘World Water Day’ è stato istituito nel 1992 dalle Nazioni Unite come direttiva all’interno dell’Agenda 21, durante la conferenza di Rio.

La ricorrenza viene celebrata ogni anno con l’obiettivo di sensibilizzare le istituzioni mondiali e l’opinione pubblica sull’importanza di ridurre lo spreco di acqua e di assumere comportamenti volti a contrastare il cambiamento climatico. E’ anche l’occasione per porre l’attenzione su altri temi come l’accesso all’acqua dolce e alla sostenibilità degli habitat acquatici.

L’acqua, “linfa vitale” dell’umanità, è sempre più a rischio nel mondo a causa dell’eccesivo sviluppo e del consumo “vampirico”. A lanciare l’allarme è l’Onu in un rapporto in cui mette l’evidenza come la carenza di acqua sta peggiorando con l’imminente rischio di una crisi globale. Il mondo sta “ciecamente camminando su una strada pericolosa con l’insostenibile uso di acqua, l’inquinamento e il surriscaldamento climatico che stanno drenando la linfa vitale dell’umanità”, afferma il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. Il rapporto dell’Onu arriva in occasione della conferenza sull’acqua che si aprirà nelle prossime ore alle Nazioni Unite. Secondo il rapporto circa due miliardi di persone non hanno l’accesso ad acqua potabile sicura mentre 3,6 miliardi non lo hanno a servizi sanitari affidabili. “La scarsità di acqua sta diventando endemica”, si legge nel rapporto nel quale si osserva come l’uso di acqua sia aumentato a livello globale di circa l’1% ogni anno negli ultimi 40 anni e dovrebbe mantenere tassi di crescita simili fino al 2050. “La scarsità di acqua sta diventando endemica”, si legge nel rapporto nel quale si osserva come l’uso di acqua sia aumentato a livello globale di circa l’1% ogni anno negli ultimi 40 anni e dovrebbe mantenere tassi di crescita simili fino al 2050.

Una giornata che oggi assume una certa rilevanza visti i tanti problemi legati alla siccità, che quest’anno più che mai sta mettendo a rischio le risorse idriche e le imprese agricole. Legambiente ha stimato che il potenziale che avrebbero insieme la raccolta delle acque meteoriche nelle città e il riutilizzo di quelle reflue per l’agricoltura è pari a 22 miliardi di metri cubi all’anno, cioè circa 3 volte la capacità contenuta nei 374 grandi invasi in esercizio, che ammonta a circa 6,9 miliardi di metri cubi. Legambiente chiede una roadmap per riqualificare e riprogettare gli spazi aperti e gli edifici delle nostre città che punti almeno al recupero del 20% delle acque meteoriche entro il 2025, del 35% entro il 2027 e del 50% entro il 2030; e che il recepimento del regolamento Ue 741/2020 per il riutilizzo delle acque reflue – in fase di osservazione presso il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica – sia fatto in modo rigoroso.

Il Centro comune di ricerca (Jrc) Ue in un nuovo rapporto sulla siccità in Europa ha evidenziato come gli impatti della siccità sull’Italia settentrionale, la Francia e la Spagna siano visibili e sollevino preoccupazioni per l’approvvigionamento idrico per uso umano, l’agricoltura e la produzione di energia. Un quadro confermato dal 6/o Rapporto di Valutazione dell’Ipcc 2022: Impatti, adattamento e vulnerabilità, che sottolinea come l’Italia sia soggetta ai rischi tipici dell’Europa Mediterranea, alcuni dovuti a peculiarità del cambiamento climatico, altri alla particolare vulnerabilità di ecosistemi e settori produttivi: dalla diminuzione della precipitazione (con conseguenze sulla disponibilità di risorse idriche) alla vulnerabilità delle coste, all’importanza economica del settore turistico alla vulnerabilità degli ecosistemi terrestri e marini, minacciati anche da sovrasfruttamento e inquinamento.

Secondo la società internazionale di ingegneria Proger, come evidenzia nel rapporto “Water Economy in Italy”, in Italia piove più in Olanda e Germania, e fra piogge e invasi avrebbe a disposizione 5 volte l’acqua che consuma. Tuttavia, solo l’11% delle precipitazioni viene raccolto. La rete idrica è quella di 50 anni fa, con i consumi aumentati, gli invasi raccolgono il 35% in meno della loro capacità (per interramenti o mancati collaudi), le perdite dagli acquedotti sono il 40%.

La Federazione nazionale dei chimici e dei fisici ha fatto sapere, in una nota, di avvertire “più forte che mai l’obbligo morale di sensibilizzare la società verso una tematica di vitale importanza come questa, consapevoli che tutto ciò che faremo oggi per la tutela delle risorse naturali – ed in particolare dell’acqua – lo stiamo facendo per le generazioni future. Il fulcro è la creazione di una nuova cultura, che sia incentrata su comportamenti responsabili, rispettosi degli equilibri naturali, coscienti che le risorse non sono illimitate, ma vanno gestite con cura, e che la conoscenza di questo bene essenziale porti alla profonda consapevolezza del suo valore”, si legge. Per i professionisti vi sono “alcuni strumenti disponibili, come lo sviluppo sostenibile, altri sono in corso di realizzazione, come il progetto proposto da Ispra, il cui obiettivo è quello di creare una infrastruttura in grado di collegare dati ambientali con quelli sanitari, informazioni necessarie per intervenire concretamente nella gestione delle risorse”.

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