Il granchio blu è un’economia solida in Tunisia: l’Italia può prendere esempio?
Come far nascere una filiera mai esistita in un paese dove non c’è tradizione di consumo dei granchi? Le parole chiave: attrezzatura adeguata, commercializzazione e adattamento. E’ accaduto in pochi anni in Tunisia dove due specie invasive di granchio blu, il Callinectes sapidus e il Portunus segnis, che dal 2014 avevano cominciato a proliferare su quelle coste, sono diventate oggi per i pescatori tunisini una risorsa importante.
Lo si legge in un rapporto del Wwf nel quale si sottolinea che “oggi quella del granchio blu è un’economia solida e una filiera completa che include e dà lavoro a pescatori, donne, trasporto e logistica, aziende di trasformazione e commercianti. Il Callinectes sapidus è una specie atlantica giunta in Mediterraneo attraverso le acque di zavorra delle navi e ora proliferata sulle coste italiane, il Portunus segnis una specie tropicale arrivata attraverso il Canale di Suez. Il granchio blu rappresenta il 25% delle esportazioni di pesce del paese: nel 2021 in Tunisia l’export di granchio blu ha raggiunto le 7.600 tonnellate per un valore di 24 milioni di dollari, una cifra raddoppiata rispetto al 2020, sottolinea il Wwf nel rapporto, precisando che l”80% dei pescatori tunisini usa le nasse (nel 2014 l’intera flotta pescava con le reti) e che un’imbarcazione di 12 metri dotata di nasse pesca in media 500 kg di granchio blu a uscita. Il ‘cliente’ principale è il mercato asiatico a cui si sono aggiunti Italia, Spagna, Stati Uniti e i paesi del Golfo Persico“.
Se all’inizio dell’invasione i pescatori tunisini volevano solo estirpare il granchio blu e non lo vedevano come risorsa, ora quegli stessi pescatori, insieme a ricercatori, ong e autorità, preoccupati di fronte ai primi segni di sovrasfruttamento dello stock, si chiedono come gestire la pesca del granchio blu in modo sostenibile, per assicurare che resti “Oro” per la Tunisia. “L’Italia di oggi è la Tunisia del 2014: prevedere quanto sta accadendo oggi sarebbe stato possibile, e una gestione con una vera visione a lungo termine e non miope di fronte al tema del cambiamento climatico ci avrebbe premesso di arrivare preparati – afferma Isabella Pratesi, direttrice del Programma di Conservazione di Wwf Italia –. Possiamo ancora imparare dall’esperienza dei nostri vicini, evitando di compiere errori, come l’utilizzo di sistemi non selettivi, soprattutto sotto-costa, che potrebbero essere fatali per i nostri mari già duramente impoveriti e danneggiati dalle attività umane e dal cambiamento climatico, e adottare una vera gestione adattativa, imparando a gestire nuove risorse ittiche come il granchio blu che possono fornire una fonte di guadagno alternativa a pescatori e agli operatori di tutta la filiera“.
Il Wwf ha raccolto le testimonianze e le immagini della realtà tunisina in due video che evidenziano il cambiamento di paradigma avvenuto nel paese: nel 2014, un pescatore urla disperato mostrando la rete completamente distrutta e aggrovigliata con granchi blu mentre nel 2023 operatori adeguatamente attrezzati pesano e smistano i granchi blu in una organizzatissima filiera.
Il granchio blu è esploso 9 anni fa lungo le coste tunisine e ora la sua popolazione mostra i primi segni di decrescita, tanto da preoccupare i pescatori tunisini e l’intera filiera nata da zero per sfruttare e valorizzare questa risorsa, racconta Sassi Alaya, presidente del “Groupement de Development de peche Al Ganouch” che rappresenta più di 600 pescatori. Di fronte all’esplosione del granchio blu i pescatori tunisini si sono ingegnati e hanno costruito nasse appositamente modificate per catturarlo. Si tratta di trappole, un sistema di pesca passivo che non viene trainato sul fondale e garantisce una cattura più selettiva delle reti. Se adeguatamente gestite, hanno un impatto ambientale ridotto. “Le nasse sono la soluzione più efficace: sono selettive e più sostenibili, pescano solo il granchio senza danneggiare il fondale marino o altre specie. E sono convenienti per i pescatori: una nassa dura almeno due anni, mentre una rete da pesca dura 6 mesi al massimo, perché il granchio blu la distrugge, oltre a mangiare tutto il resto del pesce catturato“, spiega Alaya.
Anche le donne delle comunità locali, molte mogli di pescatori, sono state coinvolte: è stato insegnato loro a costruire le nasse apposite e a cucinare il granchio blu, organizzando diverse degustazioni per mostrare la varietà di piatti possibili. In parallelo, sono state coinvolte le aziende di trasformazione del pesce per testare il potenziale di valorizzazione del granchio blu. E questo è stato un vero boom, ad oggi in Tunisia si contano 48 aziende che lavorano ed esportano diversi prodotti finiti: granchio intero cotto, granchio decorticato, carne di granchio.