Il granchio blu spopola in cucina, ora anche nella pizza: ma il 90% del pescato è invenduto
Piatti gourmet a base di granchio blu e tante ricette per cucinarlo a casa. Esplode la passione a tavola degli italiani per questa specie aliena.
L’ultima idea è la pizza al granchio blu, preparata da un pizzaiolo ferrarese e che verrà presentata a Goro il 9 novembre. L’evento, organizzato da noti chef, è stato pensato per sensibilizzare le persone sulla piaga della specie aliena infestante e nel contempo aiutare le famiglie che, in quelle zone, vivono di itticoltura. “Ho cotto la polpa di granchi a vapore con della lattuga di mare, per dare un sentore ulteriormente salmastro, poi – ha dichiarato il pizzaiolo – ho scaldato in padella rovente i cardoncelli in brunoise, lasciandoli croccanti, e li ho uniti alla polpa di granchio creando una quenelle che vado ad adagiare sopra la pizza. Con tutti carapaci e le zampe dei granchi ho fatto un fondo ricreando il profumo che fa il crostaceo quando lo metti sulla brace ottenendo la salsa che metterò al centro della pizza. A concludere la lattuga di mare fritta, a dare la croccantezza“.
Il 90% dei granchi blu però non viene venduto. A spiegarlo all’ANSA è Paolo Tiozzo, vice presidente Fedagripesca-Confcooperative, facendo i conti tra perdite e guadagni. “Oggi raccogliamo 20 mila chili di granchi al giorno, che vengono pagati al pescatore tra 1 e 1,50 euro – precisa Tiozzo – il punto è che solo 5/10 ogni 100 catturati hanno le caratteristiche dimensionali richieste dal mercato e quindi acquistati da pescherie e Gdo. Il resto deve essere smaltito dai pescatori che devono farsi carico dei costi“.
Tiozzo ricorda che al momento non c’è una filiera che consenta di utilizzare questi prodotti di ‘scarto’ come fertilizzanti o integratori e il risultato è “che vendere il granchio blu porta nelle casse dei pescatori pochissimo, ma smaltire il 90% del prodotto che non piace al mercato costa 100 mila euro al giorno, facendo un bilancio complessivo di tutte le spese sostenute nelle zone più infestate“. A fronte di un’economia legata al granchio blu che fa pendere la bilancia più sui costi che sui ricavi, ce ne è una legata agli allevamenti di vongole e cozze che rischia di scomparire.
Solo di seme, spiegano le cooperative dell’Emilia Romagna, ogni socio spende ogni anno tra i 20 ai 40 mila euro, ai quali si aggiungono tutti i costi legati alla pesca e alla manutenzione degli impianti. “I nostri sacrifici rischiano di andare in fumo“, proseguono i pescatori che si attrezzano come possono per salvaguardare le produzioni, “il granchio blu è un vero e proprio cinghiale di mare, ma in acqua diventa ancora più complicato tutelare il nostro lavoro. Per proteggere le vongole piccole stiamo stendendo dei teloni ma per le grandi non è possibile. In ogni metro quadrato ce ne sono 20 mila piccole che crescendo hanno bisogno di più spazio impossibile da riparare, perché dovremmo coprire l’intero spazio che abbiamo in concessione“.