Incremento delle balene e delle tartarughe nel Mediterraneo: pesca e traffico marittimo restano le minacce principali

Seimila osservazioni sui traghetti che hanno consentito di fare avvistamenti di cetacei (65%) e tartarughe (35%) in aree off-shore chiave nel Mediterraneo, dove è stato possibile monitorare anche specie rare come lo zifio (Ziphius cavirostris), il grampo (Grampus griseus), il globicefalo (Globicephala melas) e il delfino comune (Delphinus delphis).

Sono questi i dati raccolti alla fine del terzo anno del progetto europeo Life Conceptu Maris, dedicato alla conservazione di cetacei e tartarughe nel Mar Mediterraneo, a cui si aggiungeranno a breve quelli relativi al Dna ambientale.

I ricercatori degli undici enti coinvolti: Ispra – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale come coordinatore, con il supporto di Triton Research per le attività di management e comunicazione, Area Marina Protetta “Capo Carbonara”, Cima Research Foundation, Cmcc Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, ÉcoOcéan Institut – Francia, Stazione Zoologica Anton Dohrn, Università degli Studi di Milano-Bicocca, Università degli Studi di Palermo, Università degli Studi di Torino, Universitat de València – Spagna stanno delineando un quadro sempre più chiaro della distribuzione delle diverse specie.

In particolare per i cetacei, i dati raccolti da Life Conceptu Maris, integrati con quelli prodotti in passato, hanno evidenziato l’importanza di una decina di aree off-shore chiave nel Mediterraneo. Tra queste, in primo luogo il Santuario Pelagos, tra Corsica e Liguria, il Tirreno centrale, il Mediterraneo del Nord Ovest, di fronte alla costa francese, il Corridoio Spagnolo di Migrazione dei Cetacei, stretto tra le Isole Baleari e la costa spagnola, e il Mare di Alboran con lo Stretto di Gibilterra, compreso tra la Spagna e il Marocco, presentano le densità maggiori di animali.

LA RICERCA 

La presenza dei delfini, come il tursiope (Tursiops truncatus) e la stenella striata (Stenella coeruleoalba), è consolidata in tutto il Mediterraneo, con le due specie assieme che totalizzano circa la metà delle osservazioni dei cetacei. Il più raro delfino comune (Delphinus delphis) trova la sua roccaforte nel Mare di Alboran, nel Mediterraneo occidentale, lungo la costa spagnola (almeno nell’area di studio di Conceptu Maris), ma è presente anche in altri tratti di mare, seppur in numeri modesti (99 su circa 4000 osservazioni di cetacei).

La balenottera comune (Balaenoptera physalus) è l’unica vera balena (cetaceo misticete) presente regolarmente nel Mediterraneo. È una specie altamente mobile, osservabile in molte zone, che mostra concentrazioni significative nel Santuario Pelagos che si conferma così come area chiave per questa specie e anche per tutti gli altri cetacei. Non mancano le osservazioni nel Nord-Ovest del Mediterraneo, lungo le coste francesi e spagnole, ma sono numericamente meno rilevanti. Dopo la stenella striata e il tursiope, è risultata il cetaceo più numeroso con ben 1100 su circa 4000 osservazioni di cetacei.

L’altro gigante del Mediterraneo, il capodoglio (Physeter macrocephalus), è stato registrato molto meno frequentemente, con 95 su circa 4000 osservazioni. Questo dato va considerato con cautela vista la lunga durata delle immersioni del capodoglio, anche più di un’ora, che potrebbero renderlo meno “avvistabile” in superficie. In questo senso i riscontri del DNA ambientale permetteranno nel 2025 di ottenere maggiori conoscenze su questo gigante del Mediterraneo. Quel che sicuramente emerge è che la specie utilizza principalmente il Santuario Pelagos e il Mar Tirreno centrale per la riproduzione e l’alimentazione, con presenze anche lungo le coste spagnole e francesi, ma sempre in acque profonde. Alla fine del 2024, è stato osservato anche nel basso Adriatico, di fronte a Otranto, un dato nuovo che fa sperare in una possibile ripresa della specie in questa area.

Particolarmente interessanti sono state le osservazioni di zifio (Ziphius cavirostris), grampo (Grampus griseus) e globicefalo (Globicephala melas), cetacei considerati “rari”, più difficili da monitorare in superficie rispetto a tursiopi e stenelle, che sono specializzati nella caccia in profondità ai calamari. Anche l’estate del 2024, così come quella precedente, ha fatto registrare un buon numero di osservazioni di globicefali nel Santuario Pelagos e lungo le coste francesi e spagnole rispetto agli anni precedenti. I dati raccolti serviranno nel corso del prossimo anno per costruire modelli di distribuzione più accurati di queste specie e per identificare eventuali trend rispetto agli anni precedenti. Si parla in questo caso di numeri non elevati, con poco meno di 200 individui rilevati in tre anni per tutte e tre le specie citate. In ogni caso, alcune tendenze risultano già evidenti: il grampo sembra preferire la parte superiore della scarpata continentale, ma negli ultimi anni è stato avvistato più frequentemente anche in alto mare; il globicefalo frequenta l’intera scarpata continentale, con una presenza più consistente nella parte occidentale del Mediterraneo, mentre lo zifio utilizza aree con batimetria più complessa, raggiungendo densità più elevate nell’area del Mar Ligure.

Un’altra buona notizia riguarda la presenza di tartarughe marine, che negli ultimi anni hanno conosciuto un incremento costante delle nidificazioni lungo le coste sabbiose italiane. Gli ultimi dati raccolti dal progetto Life Conceptu Maris, con più di 2000 segnalazioni in tre anni, stanno aiutando a completare il quadro delle conoscenze nelle aree di alto mare ed a comprendere meglio la distribuzione e gli spostamenti delle tartarughe marine Caretta caretta nel Mediterraneo e come il riscaldamento delle acque superficiali li stia modificando. Le tartarughe verdi Chelonia mydas sono ancora molto rare nel Mediterraneo rispetto alle Caretta caretta, ma sembra che questa specie, che predilige acque più calde, stia lentamente aumentando. Molte delle tartarughe che entrano nel Mediterraneo dall’Atlantico si spostano da Ovest a Est, seguendo la corrente superficiale che scorre lungo la costa algerina. Giunte all’altezza della Sicilia, una parte di queste entra nel Mar Tirreno mentre le altre continuano il loro viaggio passando attraverso il Canale di Sicilia per raggiungere il Mar Ionio e l’Adriatico. Le tartarughe sembrano prediligere specifiche aree di mare aperto nel Tirreno Meridionale, come ad esempio, quella circostante il vulcano sottomarino Marsili la cui sommità è a circa 450 metri sotto il livello del mare. Questo fenomeno si deve a correnti circolari che creano zone di convergenza, favorendo la concentrazione dei nutrienti e, di conseguenza, la presenza di diverse specie marine, come le tartarughe. Il numero di individui adulti in queste aree è sorprendentemente alto ed i monitoraggi, condotti nel corso di tutte le stagioni, hanno consentito di acquisire le prime informazioni sulla localizzazione delle aree di accoppiamento della Caretta caretta in mare aperto. Questi nuovi dati evidenziano l’importanza di tutelare non solo il litorale, ma anche gli ecosistemi pelagici dove le densità di animali può raggiungere valori molto alti in virtù di particolari condizioni ambientali. Queste scoperte sono cruciali per migliorare le strategie di conservazione e protezione delle tartarughe marine, offrendo una visione più completa dei loro habitat e delle loro necessità ecologiche.

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