Insularità e pesca, Marinello: “Fatti non parole. Dall’Ue serve un regolamento specifico per il Mediterraneo”

I banchi del Parlamento europeo sono pronti all’insediamento dei deputati usciti vincenti dall’appuntamento alle urne. Nell’attesa di comprendere come si comporrà la nuova maggioranza, visto l’irrobustirsi del fronte delle destre nazionaliste, il taccuino dei temi da affrontare inizia ad arricchirsi di note e appunti su più settori (CLICCA QUI). Uno dei possibili punti di partenza potrebbe essere proprio il proseguo dell’ultimo atto portato a termine dalla passata legislature: il comparto pesca.

Il Piano d’azione è stato, infatti, una delle norme votate nell’ultima seduta, prima dello scioglimento della Camera. Proprio da quest’ultimo potrebbero riprendere i lavori, con delle revisioni e degli accorgimenti che non siano d’ostacolo a chi opera tra le acque del Mediterraneo. Lo sviluppo di una pesca sostenibile e la difesa degli ecosistemi marini è certamente obiettivo comune di tutti i Paesi. Le stringenti misure varate, però, sono state ritenute fin troppo severe e disomogenee, non considerando le peculiarità tipiche del Mare Nostrum e l’economia dei singoli territori che vi si affacciano.

Dal Piano si diramano così tanti altri temi su cui dibattere e su cui l’Ue, a oggi, ha faticato nel trovare una risposta adatta ai tanti soggetti diversificati che la compongono. Non sorprende dunque la risposta negativa di Vincenzo Marinello sull’operato dell’Europa in questi ultimi anni. Il presidente della cooperativa pescatori di Sciacca ha sottolineato come a incidere prepotentemente sul giudizio sono le “le forti restrizioni per quello che concerne la pesca nel Mediterraneo“. I regolamenti comunitari a oggi infatti “hanno guardato più alle politiche per il Nord Europa e non al Mediterraneo e in modo particolare – aggiunge – senza tener conto dell’insularità. Si potrebbero attualizzare delle normative speciali e modificare il Piano d’azione, ma bisogna capire se ciò rientra nelle intenzioni del nuovo Parlamento“.

All’Italia spettano 76 seggi, 8 dei quali riservati alla circoscrizione Isole, che racchiude la Sicilia. Per cosa dovranno spingere i nuovi deputati?Innanzitutto – specifica Marinello – servirebbe fare un regolamento che attenga esclusivamente al Mediterraneo. I Paesi transfrontalieri, quelli che operano all’interno del bacino del Mediterraneo, quindi quelli del Nord Africa come Libia, Tunisia o Marocco che pescano nelle nostre acque o le barche che catturano il tonno e lo portano in Giappone, esercitano la loro attività senza alcun limite e senza rispettare i regolamenti comunitari“.

Alle minacce degli altri Paesi “avversari” si aggiungono altri disagi, divenuti tali in seguito a una gestione che può definirsi superficiale, o comunque certamente poco chiara e attenta, di specifici tratti di mare.Abbiamo parti di mare che sono stati chiusi circa cinque anni fa. Doveva essere un periodo temporaneo di tre anni, poi prolungato, per far sì che avvenisse un ripopolamento delle acque, ma di fatto si è avverata una sorta di desertificazione. Da Capo Passero a Capo Feto – spiega Marinello – oggi ci sono circa 120 miglia di mare interdette alla pesca, in particolar modo a strascico, soprattutto di fronte a Sciacca, Gela e da Capo Passero a Scoglitti. La chiusura di zone di mare per un tempo limitato va bene, ma – chiarisce – deve anche essere anche alternata con altri tratti, per consentire così le regolari attività di pesca. Quella a strascico, per esempio, è l’attività prevalentemente esercitata in Sicilia e l’Isola rappresenta oltre il 30% del prodotto interno lordo del settore in Italia“.

Altre difficoltà che ostacolano il comparto sono la demolizione dei pescherecci obsoleti (CLICCA QUI) e il caro gasolio: “Molte unità di pesca aspettano che esca il bando sulla demolizione. Inizialmente prevedeva 150milioni circa di risorse. Adesso l’hanno ridotto a 74milioni, divisi per zone di pesca. Il budget previsto è molto al di sotto di quello che sarebbe l’esigenza di dismettere l’attività per queste unità. Il caro gasolio – aggiunge – ha influito moltissimo negli ultimi anni, nonostante l’intervento da parte dello Stato e dell’Unione Europea con l’uso dei fondi Feamp. Il rapporto costi-benefici si è trasformato in una situazione insostenibile. Un gasolio che andava prima a 30, 35, 40 centesimi oggi si aggira intorno ai 70-80 centesimi, e in un periodo ha superato l’euro al litro. Un’imbarcazione che consuma una media che va dai 500 agli 800 litri al giorno quanto dovrebbe pescare?“.

Il presidente della cooperativa pescatori di Sciacca conclude auspicando un cambio di rotta, prendendo come punto di riferimento alcune eccezioni che in realtà sono già previste nei Trattati europei: “La possibilità di porre un’eccezionalità a tutela e a salvaguardia del mondo produttivo esiste. Bisogna capire – conclude – se i deputati eletti e la Commissione riusciranno a porre in essere questa questione, che riguarda non solo la politica della pesca, ma dell’intera filiera agroalimentare, agricoltura compresa“.

Spingere sui vantaggi potenzialmente offerti, e ancora inespressi, dall’insularità potrebbe rivelarsi così la chiave di volta per sovvertire il destino nefasto a cui le marinerie sembrano ormai destinate.

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