Internet Point, dove siete finiti?

di Giuseppe Miccoli

C’erano strade che ne avevano almeno due o tre per isolato. Vetrine luminose, scritte in inglese un po’ sgrammaticato, file di computer allineati come banchi di scuola, ragazzi e turisti che digitavano freneticamente sulle tastiere. Gli Internet point — o Internet caffè, per chi preferiva un nome più glamour — erano luoghi di passaggio ma anche di permanenza: uno spazio pubblico nuovo, ibrido, dove il virtuale si materializzava nel tessuto urbano.

Negli anni a cavallo tra il 1998 e il 2010, gli Internet point sono stati le vere “porte d’accesso” alla rete. Prima degli smartphone, prima della fibra ottica domestica, prima che la connessione diventasse un diritto quasi scontato, ci si andava per controllare la posta, scaricare un curriculum, chattare su MSN, cercare una stanza in affitto, stampare biglietti Ryanair o inviare un fax digitale. Erano centri nevralgici per studenti, migranti, viaggiatori, e per una generazione che vedeva Internet come un territorio nuovo da esplorare.

Poi, lentamente, hanno iniziato a chiudere. Una serranda alla volta. Prima quelli nei quartieri centrali, poi nelle periferie. Al loro posto, tabaccherie modernizzate, negozi “multi service”, parrucchieri, o semplicemente locali vuoti. Oggi, provate a cercarne uno in una grande città italiana: sono diventati una rarità, un fossile urbano, testimonianza silenziosa di un’epoca ormai passata.

Le cause della loro scomparsa sono molteplici. La più evidente è tecnologica: la diffusione massiccia degli smartphone e delle connessioni mobili ha reso superfluo il bisogno di un luogo fisico per “andare online”. Oggi portiamo Internet in tasca, lo consumiamo in metropolitana, al bar, a letto. Il gesto di “entrare in un Internet point” suonerebbe quasi arcaico per un ventenne nato dopo il 2005.

C’è poi un cambiamento sociale: negli anni Duemila, Internet era ancora un “evento”, un momento separato dal quotidiano. Si andava online, come si andava in biblioteca o in videoteca. Oggi invece la connessione è pervasiva, costante, invisibile: non ha più bisogno di spazi dedicati, perché ha colonizzato tutti gli spazi.

Infine, c’è un aspetto culturale meno discusso: molti Internet point erano gestiti da piccoli imprenditori stranieri, in particolare in quartieri popolari. Erano luoghi di mediazione culturale e sociale, dove un migrante poteva chiamare la famiglia via Skype, tradurre un documento, scrivere un’email ufficiale con l’aiuto del gestore. La loro scomparsa ha significato anche la perdita di un punto di riferimento per comunità che non avevano accesso a Internet domestico o competenze digitali diffuse.

In alcune città europee, questi luoghi sono stati riconvertiti: diventati co-working, piccoli hub culturali, laboratori di quartiere. In Italia, nella maggior parte dei casi, sono semplicemente scomparsi senza lasciare traccia. Non esiste un censimento nazionale della loro chiusura, eppure basterebbe guardare le strade per accorgersi che qualcosa è cambiato profondamente nel paesaggio urbano.

Forse è proprio questo il punto: non si tratta solo di tecnologia, ma di spazi, di pratiche sociali, di memoria. Gli Internet point erano luoghi fisici che segnavano un confine: “fuori” eri nel mondo analogico, “dentro” eri nel cyberspazio. Oggi quel confine non esiste più: la rete ci avvolge, ci accompagna, ci sorveglia, ci distrae, senza che ce ne accorgiamo.

Eppure, c’è una nostalgia che riaffiora. Quella per il tempo concentrato, per la pausa obbligata, per il suono della tastiera meccanica e per il timer che scorreva sullo schermo — “mancano 5 minuti” — ricordandoci che il tempo online era prezioso, non infinito. Un tempo finito, misurato, quasi solenne.

Gli Internet point sono scomparsi, ma raccontano molto del nostro modo di vivere la tecnologia: da pratica collettiva a gesto individuale, da spazio urbano a dispositivo personale, da luogo di comunità a solitudine connessa. Non è solo un dettaglio nostalgico: è un pezzo della nostra storia recente, che merita di essere ricordato prima che si dissolva definitivamente.

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