La Grande barriera corallina è in pericolo: finirà tra i siti UNESCO a rischio?
Gli sforzi dell’Australia per proteggere la Grande barriera corallina sono “senza precedenti” ma devono intensificarsi se Canberra vuole evitare che il sito venga classificato tra le zone “in pericolo” del patrimonio mondiale: è quanto emerge da un rapporto realizzato da due esperti dell’Unesco e dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn).
Per i due esperti, il deterioramento della barriera corallina australiana prosegue a causa del doppio effetto del riscaldamento climatico e dell’inquinamento legato all’agricoltura e alla pesca. Di qui l’invito rivolto al governo australiano a proseguire gli sforzi per salvare la barriera corallina. La prossima riunione del comitato Unesco dovrebbe tenersi a metà 2023.
La temperatura troppo alta, infatti, innesca il fenomeno dello sbiancamento, causato dalla fuga delle alghe simbionti dei coralli, necessari per il loro sostentamento. I coralli sbiancati, infatti, muoiono di fame se non tornano le alghe. Maggiori sono le temperature, più vasta è la devastazione provocata dal fenomeno. A causa del caldo record gli esperti stimano entro la fine di gennaio potrebbe verificarsi un nuovo evento di sbiancamento di massa. I danni, dopo lo stress termico già sperimentato quest’anno, sarebbero catastrofici.
La barriera ospita 400 specie di coralli, 1.500 di pesci e 4.000 di molluschi, ed è inserita tra i patrimoni mondiali dell’umanità dell’UNESCO sin dal 1981.
Uno studio pubblicato poco tempo fa sulla rivista Plos Biology, dall’Università delle Hawaii a Manoa, ha rivelato che la metà delle barriere coralline attualmente esistenti potrebbe trovarsi in condizioni critiche già nel 2035 e scomparire quasi del tutto entro il 2055: un mix di elementi come il riscaldamento dei mari e l’acidificazione delle acque potrebbe avere effetti maggiori di quelli previsti finora.