La legge “Salvamare” presto sarà realtà mentre a Tel Aviv si studia una plastica biodegradabile
Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha già depositato in Consiglio dei ministri il disegno di legge “Salvamare” (ma è già stata soprannominata “legge Antiplastica”), che entro gennaio dovrebbe arrivare in parlamento. La legge prevede l’anticipo di un anno, al 2020, del bando europeo della plastica monouso poiché l’Unione europea ha deciso che dal 2021 saranno vietati una seri di oggetti in plastica usa e getta non biodegradabile. Inoltre, c’è l’autorizzazione dei pescatori a portare nei porti la plastica raccolta con le reti, invece che ributtarla a mare, come sono costretti a fare oggi dalla legge in vigore.
“Fishing for litter” è una misura prevista dalla direttiva europea Marine Strategy ma in Italia, come sottolineato, è ostacolata dalle normative vigenti. Così i pescatori sono purtroppo costretti a ributtare in mare i rifiuti pescati. Poi si dovranno però regolarizzare i metodi per lo smaltimento, che resta ancora un grande rebus. Gli scorsi anni Legambiente, assieme ad Enea, ha effettuato una interessante analisi della tipologia delle plastiche campionate durante le campagne estive di Legambiente Goletta Verde. Il 96% dei rifiuti trovati nelle nostre acque è costituito da plastica, dalle buste soprattutto (16%) e dai teli (10%). Reti e lenze (4%), frammenti di polistirolo (3%), bottiglie (3%), tappi e coperchi (3%), stoviglie (2%), assorbenti igienici (2%) e cassette di polistirolo intere o in frammenti (2%).
Il Marine Litter (rifiuti marini) rappresenta un grande problema a cui si sta cercando di far fronte per garantire sia la salvaguardia della risorsa mare sia la tutela di tutte le specie marine soprattutto quelle più vulnerabili. In sintesi, bisogna offrire ai pescatori la possibilità di tutelare il mare senza rimanere incagliati nella burocrazia delle complesse norme sulla raccolta dei rifiuti, incentivando il recupero della plastica e, al contempo, portare avanti campagne di comunicazione e divulgazione delle buone pratiche. Ad esempio nel settore turistico eliminare la plastica è possibile. Nel 2017 le Seyshelles hanno deciso di bandire definitivamente l’uso della plastica, per preservare l’ambiente incontaminato. A distanza di un anno, il risultato è eccellente. Pochi e selezionati turisti, ma buoni. Impatto economico pari a zero.
Intanto, dall’Università di Tel Aviv rimbalza la notizia che alcuni ricercatori hanno creato una plastica biodegradabile da microorganismi unicellulari, che si nutrono di comuni alghe marine. Un processo svolto interamente in mare, dalla coltivazione alla sintesi, e che non impatta né sull’ambiente marino né sulla vita dei suoi abitanti. Il risultato sono polimeri termoplastici chiamati poliidrossialcanoati (PHA), dai quali ottenere plastiche biodegradabile, che non rilascia sostanze tossiche per l’ambiente riciclandosi nei rifiuti organici.