La parola dell’anno? “Brain rot”, nominata da Oxford
L’Oxford English Dictionary ha eletto “Brain rot” parola dell’anno, sottolineando gli effetti negativi di un consumo eccessivo di contenuti online poco stimolanti.
L’Oxford University Press ha scelto “brain rot” (ovvero “marciume cerebrale”) come parola dell’anno. Un termine che racchiude in sé un’allarmante verità sui nostri tempi: l’eccessivo consumo di contenuti online, soprattutto sui social media, starebbe danneggiando la nostra capacità di pensiero critico.
Il significato del termine
L’espressione “brain rot” non è nuova. Secondo la Oxford University Press, è stata usata per la prima volta nel libro Walden di Henry David Thoreau, per criticare la tendenza della società a svalutare le idee complesse a favore di quelle più semplici. “Mentre l’Inghilterra si sforza di curare il marciume delle patate – scrisse Thoreau –, nessuno si sforzerà di curare il marciume cerebrale, che prevale in modo molto più ampio e fatale?”.
Perché “brain rot”?
Il termine “brain rot”, cioè “marciume cerebrale”, è stato scelto dall’Oxford University Press a seguito di una votazione pubblica che ha coinvolto migliaia di persone.
La motivazione è chiara: il brain rot è definito come “il presunto deterioramento dello stato mentale o intellettuale di una persona, specialmente visto come il risultato di un consumo eccessivo di materiale (in particolare, di contenuti online) considerato banale o poco stimolante”, si legge sul sito dell’Oxford University Press.
Scrollare in continuazione i feed dei social media, senza un obiettivo preciso, ci renderebbe meno capaci di concentrarci, di analizzare le informazioni in modo critico e di sviluppare un pensiero autonomo.
Tra il 2023 e il 2024, il termine è aumentato nella frequenza di utilizzo del 230%, acquisendo nuova importanza come termine utilizzato per esprimere preoccupazioni sull’impatto del consumo eccessivo di contenuti online di bassa qualità, in particolare sui social media.
Effetto sulle nuove generazioni
Sono soprattutto i giovani a essere maggiormente esposti a questo rischio.
Nell’ultimo anno, il termine h assunto un nuovo significato nell’era digitale, guadagnando popolarità sulle piattaforme dei social media, in particolare su TikTok, tra le comunità Gen Z e Gen Alpha.
I riferimenti al “brain rot” sono circolati in relazione alle crescenti preoccupazioni sull’impatto di un consumo eccessivo di contenuti online di bassa qualità.
Per concludere…
Il termine “brain rot” è un campanello d’allarme che non possiamo ignorare. La sfida è quella di trovare un equilibrio tra i benefici offerti dal mondo digitale e la necessità di preservare la nostra capacità di pensare in modo critico e autonomo.