La professoressa Daniela Mainenti interviene sul fermo pesca in Sicilia
Fermo pesca Sicilia, parla la Professoressa Daniela Mainenti, giurista, specialista di pesca illegale, con il giusto approccio di aiuto e orientamento al consumatore.
Il temuto fermo pesca, che suggella a rotazione su tutte le marinerie italiane il blocco delle attività dei pescherecci, parte dal primo settembre in Sicilia e durerà sino al 2 ottobre prossimo. Donne di Mare consiglia alle famiglie e ai consumatori di prestare la massima attenzione alle etichette, dal momento che aumenta il rischio di trovarsi nel piatto pesce d’origine straniera, di qualità nettamente inferiore rispetto a quello Made in Italy. Aumenta il rischio per il consumatore, di ritrovarsi nel piatto, soprattutto al ristorante, prodotto straniero o congelato, spesso venduto per fresco.
Se non si tratta di quello fresco proveniente dalla produzione locale delle barche della piccola pesca che possono ugualmente operare, potrebbe essere pesce proveniente dalle altre zone dove non è in atto il fermo pesca e dagli allevamenti nazionali. Ma il Decreto ministeriale precisa, a tal proposito che: “… durante il periodo di interruzione temporanea della pesca è fatto divieto di esercitare l’attività di pesca e le operazioni di sbarco, nelle acque del compartimento in cui si attua la misura, anche alle unità da pesca provenienti da altri compartimenti abilitate ai sistemi di pesca interessati.” Questo al fine di evitare la concorrenza sleale. Ecco perché è giusto stare attenti.
La novità di quest’anno è che in aggiunta ai periodi di fermo fissati i pescherecci dovranno effettuare ulteriori giorni di blocco che vanno da 7 a 17, a seconda dalla zona di pesca alla quale sono iscritti. Le giornate di stop saranno decise direttamente dai pescatori che dovranno darne comunicazione scritta alla Capitaneria di porto entro le ore 9 del giorno stesso di inizio, e l’intero ammontare delle giornate aggiuntive deve essere realizzato nell’arco annuale 2019.
Donne di Mare conferma che il giudizio sull’assetto del fermo pesca 2019 non può essere positivo, poiché la misura continua a non rispondere alle esigenze della sostenibilità delle principali specie target della pesca nazionale, tanto che lo stato delle risorse nei 33 anni di fermo pesca è progressivamente peggiorato, come anche parallelamente lo stato economico delle imprese e dei redditi, soprattutto per il ritardo nei pagamenti da parte degli enti preposti dei fermi pesca già effettuati in precedenza. Questo ha determinato, a livello nazionale, un crollo della produzione, la perdita di oltre 1/3 delle imprese e di 18 mila posti di lavoro. La riduzione del periodo fisso di blocco delle attività assunto al di fuori della Consulta regionale della pesca, prevista da legge regionale, che ancora inspiegabilmente, lo ricordiamo, tarda ad essere convocata per l’insediamento, pone tali decisioni al di fuori di una reale e trasparente concertazione tra operatori di settore e organismi scientifici.
L’auspicio è che dal 2020 si possano partire delle novità positive per mettere in campo un nuovo sistema che tenga realmente conto delle esigenze di riproduzione delle specie e delle esigenze economiche delle marinerie. Se la risposta al consumatore può arrivare dalle barche della piccola pesca, che riescono in parte a soddisfare, per il periodo in questione, la domanda del mercato, cosa fare, in generale, per tutelarsi e non finire imbrogliati pagando più caro un prodotto spacciato per fresco quando non lo è?
Il fermo pesca nella nostra regione limiterà la presenza del pescato a miglio zero sui banchi, quali ad esempio i “pesci da zuppa”, come naselli e scorfani, ma anche triglie, scampi, merluzzi, gamberi, polpi e seppie. Si invitano i consumatori a rivolgersi, per i propri acquisti, ai punti di vendita diretta dei pescatori cioè porti pescherecci e luoghi di sbarco autorizzati, che rispondono ai requisiti della legge regionale 20 giugno n.9 del 2019 art. 8, che prevede espressamente la vendita diretta del pesce dai pescherecci e ai mercati ittici autorizzati dove è possibile trovare, mare permettendo, pesce di stagione interamente a miglio zero. La nuova normativa, infatti, ha tra le proprie finalità lo sviluppo delle infrastrutture di filiera come i mercati del pescatore, i mercati ittici, i porti e i luoghi di sbarco, da realizzare attraverso la costituzione di una “Rete di Coordinamento dei comuni marinari siciliani“.
In caso questo non fosse possibile, per effettuare acquisti di qualità al giusto prezzo, si consiglia di verificare sempre sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere l’area di pesca (Gsa). Le provenienze sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta).
Proprio lo spirito generale ispiratore della leggere regionale sulla pesca siciliana, già presente nella delibera della Giunta regionale n. 225 del 20/06/2018, precisava quanto fosse necessario “caratterizzare e certificare i prodotti perché nel mercato globale le identità sono la carta vincente, difendendo il prodotto della pesca artigianale dalla contraffazione dei mercati”. Ecco perché riteniamo opportuno che venga introdotto il marchio volontario per il pescato locale a garanzia ulteriore del nostro ‘Sicily Seafood’, in modo da qualificare e valorizzare uno dei settori di punta dell’economia della nostra Regione.
Il varo del marchio volontario per il pescato locale è, pertanto, allo studio del comitato scientifico di Donne di Mare (se lo si volesse inserire….. sarebbe bello invitare gli operatori a rivolgersi a noi).