Lontano dalla piazza: il rifugio digitale nelle chat private

di Giuseppe Miccoli

Un tempo era il post pubblico. Era lo status aggiornato, la frase ironica, la foto con cento like. Era il bisogno di esserci, visibili, approvati. Ma oggi, per chi osserva le traiettorie dei più giovani — e non solo — è chiaro che quella stagione è finita. L’autunno dei social pubblici si sta consumando in silenzio, mentre si accendono — discreti, riservati, selettivi — i fuochi dei gruppi chiusi, delle chat dirette, delle comunità invisibili.

Nel 2023, secondo le analisi riportate anche da Le Monde, si è consolidata una tendenza già in atto da anni: la fuga dal feed pubblico verso ambienti privati. Le piattaforme dominanti come TikTok e Instagram continuano a macinare contenuti, ma è altrove che si costruiscono i legami veri. In WhatsApp, in Telegram, nei server Discord, nei gruppi Facebook a invito. Lì si ride, si discute, si giudica. Lì ci si espone, ma solo a chi si sceglie.

Le ragioni sono profonde. La stanchezza dell’algoritmo, che detta cosa vedere e cosa no. La tossicità dei commenti, sempre più aggressivi. La moderazione inefficace, che non riesce a proteggere realmente né la dignità né la verità. E poi c’è la privacy, parola tornata di moda, non tanto per idealismo, quanto per autodifesa.

Essere online, oggi, significa esporsi a un pubblico sconosciuto, a volte ostile, spesso passivo. L’engagement pubblico è diventato teatro di performance e di giudizi, più che spazio di dialogo. È naturale allora che chi può scelga il riparo. I creator stessi iniziano a muoversi in modo diverso: meno post pubblici, più newsletter, più canali broadcast, più voice note. Anche l’influenza si fa più silenziosa.

Ma non si tratta solo di protezione: si tratta di ritrovare un senso. Nell’epoca dell’iperconnessione, essere sempre raggiungibili non coincide più con l’essere sempre esposti. I più giovani, cresciuti sotto il sole accecante di TikTok e Instagram, cercano ombra. Cercano luoghi in cui non contano le visualizzazioni. Cercano relazioni.

E le piattaforme? Inseguono. WhatsApp aggiunge canali e community, Telegram integra strumenti sempre più sofisticati per i gruppi, persino Instagram testa funzioni private più avanzate. È la nuova frontiera del “social”: essere meno social, ma più presenti.

Forse siamo davanti a un passaggio epocale. Forse la cultura della visibilità ha raggiunto il suo limite. E quello che sembrava il futuro — il flusso continuo, l’identità pubblica, l’influenza misurabile — è diventato il passato.

Oggi il futuro abita altrove. In una nota vocale. In un messaggio scomparso. In una community con venti membri. In quel piccolo spazio dove si può ancora parlare, senza doversi vendere.

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