“Mammellone”: la proposta della Regione per risolvere le controversie con la Tunisia
Istituire una “fish stock recovery area” con un adeguato piano di gestione internazionale per l’area marina tra Italia e Tunisia, denominata “Mammellone”. E’ questa la proposta del Dipartimento Pesca Mediterranea della Regione Siciliana per valorizzare una delle zone marine più nevralgiche del Mediterraneo e, allo stesso tempo, risolvere i continui contenziosi e le controversie tra i due Paesi. Sono sempre più frequenti, infatti, i sequestri dei pescherecci italiani da parte delle autorità tunisine che considerano questa zona come propria riserva di pesca.
Qualche giorno fa era stato il Distretto della pesca e crescita blu della Sicilia a sollevare la questione, nel corso di un incontro a Tunisi tra una sua delegazione, una rappresentanza delle istituzioni locali e il presidente del Europarlamento Antonio Tajani in visita nella capitale maghrebina. L’obiettivo dichiarato era quello di rafforzare la cooperazione transfrontaliera in campo marittimo e sostenere le buone pratiche di vicinato fra la Tunisia e la Sicilia.
L’iniziativa del Dipartimento si inserirebbe all’interno della Politica comune della pesca. Questa, infatti, prevede la possibilità di specifici interventi di misure di conservazione e la possibilità di creare adeguate zone di protezione e ripopolamento degli stock ittici. A tal proposito, “il Canale di Sicilia – spiegano in una nota i dirigenti siciliani – può essere proposto come area pilota di sperimentazione ed applicazione di misure di protezione e ripopolamento nell’ambito di una cooperazione internazionale con Paesi terzi”.
Il progetto andrebbe condiviso con le autorità tunisine al fine di assicurare congiuntamente e con l’ausilio di adeguato supporto scientifico, la tutela delle risorse biologiche attraverso la istituzione di una riserva di ricostituzione degli stock ittici di grande pregio economico tipici del Canale di Sicilia. In questo modo, oltre ad ottenere un importante risultato scientifico, si contribuirebbe a risolvere la cosiddetta “guerra del pesce” che produce pesanti ripercussioni negative per la vita dei pescatori e per l’economia della pesca italiana.
Tali accordi potrebbero essere replicati in altre zone, sottolineano i vertici del Dipartimento, “come quelle libiche o quelle egiziane, utilizzando le indicazioni dei ricercatori scientifici operanti negli organismi internazionali, con l’obiettivo di assicurare un’azione di salvaguardia e tutela del patrimonio ittico del Mediterraneo attraverso una cooperazione scientifica con questi paesi basata sulla gestione comune di specifiche aree di ricostituzione degli stock ittici con l’obiettivo di una gestione ecocompatibile, razionale e sostenibile delle risorse ittiche”.