Meta si ribella ad Apple e affida le parole all’IA

Meta si ribella ad Apple e affida le parole all’IA
di Giuseppe Miccoli
Nel panorama mutevole dei social, Meta gioca d’anticipo e rilancia.
Nel febbraio 2024 ha introdotto un nuovo sistema per promuovere i post, pensato soprattutto per le piccole imprese. Obiettivo: aggirare la famigerata commissione del 30% che Apple impone sugli acquisti in-app effettuati tramite iOS.
Un gesto che non è solo economico, ma anche politico.
Meta, come altre grandi tech company, si ribella al modello chiuso dell’App Store, aprendo un varco che potrebbe trasformarsi in crepa. Il nuovo sistema consente agli inserzionisti di finanziare i propri contenuti fuori dall’ecosistema Apple, liberandosi – almeno in parte – da un sistema di tasse che, soprattutto per i piccoli business, può fare la differenza tra visibilità e invisibilità.
Ma non è tutto.
Parallelamente, Facebook sta testando prompt generativi di intelligenza artificiale che aiutano gli utenti a scrivere didascalie per i post.
Un assistente digitale che suggerisce frasi, hashtag, call-to-action. L’ennesimo passo verso un mondo dove anche la creatività viene automatizzata.
Comodo? Sicuramente.
Ma anche problematico.
Ci stiamo abituando all’idea che pensare non serva più, che una macchina possa interpretare meglio di noi il tono, il contesto, le parole “giuste”. Ma cosa succede quando tutti usano gli stessi prompt, le stesse strutture, gli stessi consigli generati?
Succede che l’autenticità si diluisce, e i social diventano sempre più simili, prevedibili, impersonali.
Meta sta cercando nuove strade: per monetizzare, per sostenere i piccoli, per semplificare la vita agli utenti.
Ma la sfida vera resta quella di preservare la voce umana, in un ecosistema dove tutto, anche l’espressione personale, rischia di essere standardizzato.