Meta Verified e Messenger Roll Call: la certificazione a pagamento dell’identità digitale

Il grande laboratorio dei social ha messo in commercio l’ennesimo paradosso: Meta introduce la verifica a pagamento su Facebook e Instagram. Dodici dollari al mese (o quindici se la transazione passa da Apple) per avere un bollino blu, assistenza prioritaria e maggiore protezione dai furti d’identità. Non più un riconoscimento meritato, ma un abbonamento: l’autenticità come servizio premium.

È una rivoluzione simbolica. Quel piccolo segno accanto al nome, nato per garantire autorevolezza a giornalisti, politici, personaggi pubblici, ora è accessibile a chiunque abbia la carta di credito a portata di mano. Il badge blu non dice più “questa persona è chi dice di essere”, ma “questa persona ha pagato”.

E con la stessa logica arrivano nuove funzioni di controllo. Su Messenger debutta il “roll call”, una sorta di appello digitale che permette ai membri di un gruppo di dichiarare la propria presenza con foto o messaggi. Una chiamata all’ordine che somiglia più a un controllo di frequenza che a un invito alla conversazione.

L’impatto culturale è profondo. Da un lato si crea un mercato dell’autenticità: chi può permetterselo, compra visibilità e fiducia. Dall’altro lato, la comunicazione si riduce a presenza verificata: “esserci” diventa un fatto amministrativo, non relazionale. È l’ennesimo passo verso la mercificazione della comunicazione: ciò che conta non è cosa dici, ma quanto paghi per dirlo.

I social nati per democratizzare la parola stanno diventando club esclusivi dove la voce è tanto più ascoltata quanto più è sostenuta da un abbonamento. La gratuità della rete si sbriciola, pezzo dopo pezzo, dietro paywall invisibili che non vendono contenuti, ma identità.

La vera domanda è se la società digitale accetterà questa normalizzazione della disuguaglianza comunicativa. Pagare per essere creduti, pagare per essere protetti, pagare per avere voce. È il contrario del sogno originario del web, nato libero e accessibile.

Meta sta trasformando la fiducia in un servizio a pagamento. Ma la fiducia non si compra: si costruisce, si guadagna, si coltiva. Se la credibilità diventa abbonamento, rischiamo di vivere in una rete dove l’apparenza è certificata, ma l’autenticità resta sospetta.

Giuseppe Miccoli

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