Mostrare l’orrore della guerra: testimonianza o sfruttamento?

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Il video della neonata di sessanta giorni morta assiderata nella tendopoli di Gaza e seppellita dal padre ha scosso profondamente chi lo ha visto su Instagram. Immagini crude, senza filtri, che mostrano la realtà brutale della guerra. Ma è giusto diffonderle?

Da un lato, queste testimonianze servono a scuotere le coscienze, a mostrare senza censura cosa accade in un conflitto che spesso resta relegato a numeri e dichiarazioni ufficiali. Dall’altro, esiste il rischio di trasformare il dolore in spettacolo, di alimentare un circolo vizioso in cui l’orrore viene consumato senza reale consapevolezza.

La domanda resta aperta: abbiamo bisogno di vedere per credere? O esiste un limite oltre il quale la rappresentazione della sofferenza diventa insopportabile e irrispettosa? La guerra non può essere censurata, ma l’etica della comunicazione deve guidare la nostra scelta.

 

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