Nelle reti fino a seimila tonnellate di rifiuti: l’allarme di Fedagripesca

Nelle reti dei pescatori italiani ogni anno finiscono circa tremila tonnellate di rifiuti che possono arrivare a seimila tonnellate dopo eventi climatici estremi come alluvioni o forte mareggiate. Penumatici, elettrodomestici, imballaggi alimentari, buste di plastica, vero pericolo per le tartarughe marine: è ampia la gamma di quello che viene tirato a bordo delle imbarcazioni.

E’ un pegno che pagano gli operatori a causa dell’inquinamento – spiega Paolo Tiozzo, vicepresidente Confcooperative-Fedagripesca Se la flotta da pesca ad ogni uscita potesse portare a terra tutto quello che rimane impigliato nelle reti oltre al pesce, in 10 anni libererebbe il mare da oltre 30mila tonnellate di rifiuti“.

Per non vanificare gli sforzi fatti dai pescatori, sempre più i guardiani del mare, secondo Tiozzo, “occorre creare una filiera virtuosa del rifiuto per dare nuova vita a quello che soffoca mari e spiagge. E di lavoro da fare ce n’è molto, basti pensare che sui litorali si accumulano dai 500 ai 1000 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia. Un problema che può trasformarsi in risorsa se opportunamente gestita. Nel 2022, il valore economico generato dal riciclo e dal recupero degli imballaggi è stato di 3 miliardi di euro. Ma sono ancora troppe le tracce, difficili da cancellare lasciate in spiaggia e in acque”.

Fedagripesca ha anche indicato i tempi medi di degrado di alcuni dei materiali di più comuni: dai quattromila anni per una bottiglia di vetro ai 500 anni per una di plastica, passando per i 400 anni per le mascherine usa e getta, ai 20 o 30 anni per un cotton-fioc, per arrivare ai cinque anni per una gomma da masticare o un mozzicone di sigaretta.

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