Oltre quattro miliardi di “identità social”: la moltiplicazione dell’attenzione

Il mondo digitale è ormai un continente a sé: quasi cinque miliardi di identità social sono attive, un numero che racconta più di qualunque altra statistica la trasformazione antropologica che stiamo vivendo. Ma va precisato: parliamo di identità, non di persone. Account multipli, bot automatizzati, profili brand. Una foresta di voci, ma non sempre di corpi.
La crescita annua stimata è intorno al 3%, che corrisponde a circa 150 milioni di nuovi ingressi. Numeri impressionanti, che restituiscono la sensazione di un mondo in costante espansione. Ogni giorno centinaia di migliaia di profili nascono, pronti a contendersi la risorsa più scarsa dell’epoca: l’attenzione.
Eppure il paradosso è evidente: più identità, meno ascolto. Perché l’attenzione, a differenza degli account, non può moltiplicarsi. È un bene limitato, fragile, continuamente conteso. Così la crescita quantitativa rischia di generare rumore più che dialogo.
Guardando più da vicino, si scopre che le piattaforme non premiano tanto la qualità dei contenuti, quanto la capacità di inserirsi nell’ingranaggio algoritmico. Ne deriva un mercato dell’attenzione in cui emerge chi sa pagare o chi sa semplificare fino all’estremo. Il resto rimane ai margini, invisibile.
Il risultato è una distorsione della comunicazione: la moltiplicazione delle identità digitali non produce automaticamente pluralità di voci. Al contrario, tende a uniformarle, perché ciascuno imita il modello che funziona, il linguaggio che garantisce visibilità. Un processo di omologazione che rischia di cancellare le differenze.
Eppure dietro ogni nuova identità, anche dietro il più piccolo profilo personale, c’è la possibilità di essere voce autentica. La sfida non è ridurre la quantità, ma dare qualità alla crescita. Creare comunità reali, non solo audience. Costruire relazioni, non solo numeri.
Oggi siamo chiamati a riflettere: che cosa vogliamo che significhi “essere online”? Se è solo aggiungere un altro profilo alla lista, allora stiamo alimentando un infinito inventario. Se invece è esserci con intenzione, con responsabilità, allora ogni identità aggiunge senso al rumore di fondo.
Il problema non è la rete in sé, ma la sua gestione sociale. Possiamo decidere se farne un mercato di attenzione o una piazza di parole. Il numero delle identità è impressionante, ma la vera questione è cosa ci facciamo con esse.
La moltiplicazione dei profili può essere segnale di vitalità, ma anche di frammentazione. Dipende da noi. Perché dietro ogni identità c’è una persona che cerca riconoscimento. E la vera domanda è se siamo disposti ad ascoltarla.
Giuseppe Miccoli