Pesca: Greenpeace, fuori controllo nello stretto di Sicilia
A pochi giorni dall’apertura dei lavori della nuova Sessione della Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo, Greenpeace denuncia il fallimento delle misure di tutela delle aree di riproduzione (nurseries) delle specie ittiche più importanti dello Stretto di Sicilia: gambero rosa (o bianco) e nasello (spesso impropriamente chiamato “merluzzo”), da tempo in crisi.
Analizzando i dati del sistema di identificazione automatica, il rapporto di Greenpeace mostra, infatti, che negli ultimi tre anni circa almeno 147 pescherecci a strascico sono stati impegnati in presunte attività di pesca in tre delicate aree del tratto di mare che divide Sicilia e Tunisia Sono tutti pescherecci italiani, provenienti soprattutto dai porti di Mazara del Vallo, Sciacca, Porto Empedocle, Licata e Portopalo di Capo Passero. Eppure, ricorda Greenpeace in una nota, la proposta di vietare la pesca nelle aree di riproduzione per garantire un futuro alle risorse di gambero rosa e nasello, la cui pesca vale intorno ai 48 milioni di euro, risale almeno al 2006.
“Abbiamo perso almeno dodici anni per dare una speranza di futuro al mare, alle sue risorse e ai pescatori”, dichiara Giorgia Monti, Responsabile della Campagna Mare di Greenpeace Italia. “La cosa più incredibile – aggiunge- è che i pescherecci che abbiamo identificato non hanno fatto nulla di illegale perché le raccomandazioni del CGPM-FAO sono rimaste solo sulla carta e la pesca tende pure ad aumentare”.