Pesca, Mediterraneo “off-limits” per le marinerie siciliane
Un copione che si ripete ormai da molti anni: prima gli spari per intimidire gli equipaggi e dopo i sequestri dei pescherecci. La marineria di Mazara del Vallo negli ultimi mesi sta subendo un’azione repressiva, senza precedenti, da parte delle vedette che battono bandiera libica e tunisina.
Lo scenario è quello del mare Mediterraneo, il “mare nostrum” che di “nostro” inizia ad avere ben poco visto i continui limiti imposti alle nostre marinerie dai due Paesi del Nord Africa. Un contesto da sempre critico ma che negli ultimi tempi è in continuo peggioramento: dal sequestro dell’Anna Madre (il 16 settembre scorso) da parte tunisina al tentativo di sequestro, ad opera di una vedetta militare libica, dei pescherecci Twenty three e il Twenty four (già sequestrati, il primo nel 2010 e il secondo nel 2012, da militari tunisini) della società degli armatori Matteo, Enzo e Cosimo Asaro, passando al recente sequestro da parte di Unità navali libiche dei battelli “Afrodite Pesca” e “Matteo Marrarino” avvenuto lo scorso 10 ottobre a circa 30 miglia da Derna. Per non parlare della triste vicenda del motopesca mazarese Daniela L (nella foto) sequestrato nell’ottobre 2012, in acque internazionali a 38 miglia dalle coste libiche, da un gruppo di miliziani armati con atto di vera e propria pirateria, ed affondato nel porto di Bengasi nonostante il grande impegno diplomatico del compianto Presidente della Distretto della Pesca e Crescita Blu, Giovanni Tumbiolo. Una “guerra del pesce” in piena regola che è costata oltre 100 milioni in termini di danni economici alla Comunità mazarese ed oltre 4.000 posti di lavoro persi, secondo le stime dell’Osservatorio della Pesca del Mediterraneo.
La “querelle” tra la marineria di Mazara del Vallo e le autorità libiche ruota attorno alla Zona di Protezione della Pesca (ZPP), istituita da Tripoli nel 2005 sino al limite di 62 mg. dalle acque territoriali, quindi 62 + 12 mg calcolando tali distanze, oltre che dalle coste, dalla linea di chiusura del Golfo della Sirte (facendo emergere profili d’illegittimità). La proclamazione libica ha determinato la sottoposizione di aree di alto mare alla giurisdizione di pesca libica, secondo parametri assimilabili a quelli della Zona economica esclusiva la cui istituzione sino a 200 mg. dalle linee di base è consentita dalla Convenzione del Diritto del mare. E’ dal 2006 che l’Unione europea contesta questa “rivendicazione libica” ma senza ottenere alcun risultato concreto per la marineria di Mazara del Vallo anche se bisogna sottolineare che da parte italiana non è stata mai assunta una posizione specifica di protesta anzi sono state sollecitate le associazioni di categoria a sensibilizzare gli associati “perché rispettino appieno la legislazione libica, si tengano con i loro battelli a notevole distanza dalle coste libiche, ivi compresa la Zona di protezione, al fine di non incorrere in spiacevoli situazioni che potrebbero, tre l’altro, ripercuotersi sui rapporti bilaterali dei due Paesi”.
Diverso è l’atteggiamento dell’Italia per quanto riguarda il “Mammellone”, bassofondo che la Tunisia considera soggetto a propri diritti esclusivi di pesca, e che l’Italia ha invece stabilito essere una zona di alto mare destinata a ripopolamento ittico in cui è vietata la pesca ai connazionali. Inoltre, su questo versante, bisogna ricordare che il Governo italiano ha affidato alla Marina, sin dagli anni Sessanta, uno specifico Servizio di Vigilanza Pesca, regolamentato da direttive interministeriali. Alla luce di ciò, non si comprende perché il Governo attui due politiche opposte per il diritto alla pesca nei confronti dei due Paesi dirimpettai. Forse con la Libia gli interessi sono “altri”, che coinvolgono dinamiche politico-finanziarie internazionali e sminuiscono le legittime richieste della marineria di Mazara del Vallo.
Molti addetti ai lavori concordano sul fatto che per superare questo problema serve la sorveglianza marittima e, soprattutto, il dialogo con i paesi terzi allo scopo di sottoscrivere accordi bilaterali e protocolli chiari. Il tema della cooperazione transfrontaliera andrebbe riproposto in ambito UE attraverso la Conferenza delle regioni marittime periferiche che riunisce circa 160 regioni di 25 Stati dell’Unione europea e oltre. Infatti, attraverso la sua vasta rete di contatti all’interno delle istituzioni dell’UE e dei governi nazionali, la CRPM, sin dalla sua creazione nel 1973, ha focalizzato la propria attenzione, principalmente sulla coesione sociale, economica e territoriale, sulle politiche marittime e sulla crescita blu e sull’accessibilità. Oggi, occorrono risposte immediate e chiare che mettano nelle migliori condizioni la marinerie siciliane di gettare le reti in mare, risolvendo questi atavici problemi che penalizzano oltremisura l’intero comparto.