Più merci ma meno lavoratori: ecco come è cambiato il volto dei porti italiani in vent’anni

Più merce e meno lavoratori. Dal 1980 al 2022 è aumentata di cento milioni di tonnellate la merce movimentata dai porti italiani (+26%), ma gli addetti sono scesi di 5.330 unità (-24%). Così si possono riassumere i risultati emersi dallo studio presentato al convegno Porti: la forza del lavoro organizzato da Shipmag, magazine digitale dedicato ai settori portuale, logistico e marittimo nella sala chiamata della Culmv.

Negli ultimi vent’anni inoltre, spiega lo studio, è aumentata la produttività del lavoro: +45%, mentre le retribuzioni sono salite solo del 29%, con una sostanziale stagnazione del costo complessivo del lavoro (+3%).

Si è anche trasformata la modalità di lavoro all’interno dei porti e soprattutto cosa passa dentro i porti. Mentre da una parte abbiamo la merce alla rinfusa, sia solida che liquida, che sta diminuendo costantemente di anno in anno – spiega Andrea Appetecchia, che con Sergio Bologna e Andrea Bottalico firma lo studio – dall’altra è cresciuta in maniera rilevante la parte di merce varia, trasportata in contenitori ma soprattutto in camion. Questa modalità è quella che richiede il maggiore contributo in termini di lavoro e di attività che svolgono i portuali e il paradosso è che cresce molto la merce e diminuiscono i lavoratori. L’altro paradosso è che questa contrazione potrebbe essere giustificata con un incremento dell’automazione, della parte più tecnologica del lavoro portuale, invece nei porti italiani non è così. Vuol dire che la produttività è cresciuta tantissimo“.

Tra il 2005 e il 2022 la composizione dei traffici nei porti italiani è cambiata: +32% la merce varia e -22% le rinfuse. E all’interno della merce varia sono cresciuti i rotabili +32% e i container 34% e sono scesi del 40% i carichi speciali. In questo quadro “il lavoro a chiamata resta non solo una componente fondamentale dell’attività portuale ma ha incrementato il proprio peso strategico” sottolinea ancora lo studio.

In un contesto in cui arrivano in porto navi sempre più grandi, che effettuano meno toccate ma con più merce – sottolinea Appetecchia – sono necessarie più persone per sbarcarle e imbarcarle, che non possono essere tenute stabilmente”.

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