I porti turistici italiani non sfruttano le certificazioni: lo studio di UniGe
I porti turistici italiani non sfruttano al meglio le proprie potenzialità e non puntano sulle certificazioni di sostenibilità.
Lo dice uno studio dell’Università di Genova (a firma di Riccardo Spinelli e Clara Benevolo, associati di economia e gestione delle imprese e di Andrea Ambesi, junior buyer presso Liguria Digitale Spa) che sarà presentato alle prossime giornate della Società Italiana management (Sima) in programma all’Università Bocconi di Milano dal 30 giugno.
Lo studio ha analizzato un campione di 255 porti turistici del mediterraneo di cui 76 italiani (con un numero di posti barca variabile dai 10 ai 1600) attraverso lo studio dei siti internet e di quello che comunicano per gli utenti.
L’analisi dei ricercatori si è focalizzata sulle certificazioni Iso ricevute o anche le Bandiere Blu e sul loro modo di comunicarle agli utenti. A livello generale lo studio nota come “circa la metà dei porti analizzati comunica il possesso di almeno una certificazione, sebbene non sempre specifica per il comparto della portualità, quali la ISO 9001 (sistema di gestione della qualità) e la ISO 14001 (sistema di gestione ambientale). Praticamente assenti sono invece la ISO 13687 (standar di qualità e servizi portuali) e la ISO 21406, concepite espressamente per certificare la qualità dei porti”.
Note dolenti per l’Italia dove solo il 26% del campione ha almeno una certificazione. Stesso dato di Francia ma inferiore a Croazia (73% con certificazione) e Spagna (50%)