Reels nelle Stories: più tempo speso, meno tempo pensato

Instagram ha deciso di testare un’ulteriore fusione tra i propri formati: i Reels interi nelle Stories. Un’innovazione apparentemente minima, ma che dice molto della logica profonda che governa i social. Si tratta, in pratica, di permettere agli utenti di guardare un Reel senza uscire dal flusso delle Stories, senza cambiare contesto, senza dover scegliere.
È una mossa pensata per massimizzare il tempo speso sulla piattaforma. Tutto deve scorrere senza attrito: un video tira l’altro, una storia si lega alla successiva, e così la giornata diventa una sequenza infinita di immagini che passano veloci.
Ma dietro la fluidità si nasconde un problema culturale. Guardare di più non significa comunicare di più. Anzi: il rischio è che aumenti la passività. Il tempo trascorso davanti ai contenuti cresce, mentre cala la nostra capacità di reagire, riflettere, rispondere.
La logica è quella della colonizzazione dell’attenzione: ogni pausa è un pericolo, ogni respiro un vuoto da riempire. Se l’utente si ferma, potrebbe uscire dall’app. Ecco allora l’espediente: integrare tutto in un unico flusso senza soluzione di continuità.
Questa strategia non è nuova. La televisione l’aveva già sperimentata con i palinsesti h24. Ma nei social l’effetto è più potente: qui la fruizione è personalizzata, cucita sui nostri gusti. E quindi più difficile da abbandonare.
Il punto non è solo tecnico, ma politico. Che cosa perdiamo quando il tempo viene occupato interamente dall’intrattenimento digitale? Perdiamo la possibilità del silenzio, della pausa, della scelta. Il rischio è una società che consuma contenuti senza più distinguerli, dove la memoria diventa corta e l’immaginario uniformato.
I Reels nelle Stories non sono una novità innocua. Sono un altro passo verso una comunicazione che non lascia spazio al pensiero critico. Un flusso che ci scorre addosso, senza darci il tempo di metabolizzare.
E allora la domanda resta: siamo noi a guardare i social o sono i social a guardare noi, calcolando ogni nostro secondo, ogni nostro gesto?
Giuseppe Miccoli