Sanguineti contro l’algoritmo. Se Edoardo abitasse i social

di Giuseppe Miccoli
Cosa resterebbe della parola poetica se venisse spezzata in un tweet? Se l’allegoria, il sarcasmo e il montaggio verbale si arrendessero al carosello, alla story, al feed? Immaginare Edoardo Sanguineti su Instagram può sembrare un esercizio di anacronismo creativo, eppure oggi – tra scroll compulsivi e logiche virali – forse ci serve più che mai la sua voce: dissonante, corrosiva, impopolare.
Sanguineti era il poeta che scarnificava la lingua. Ne mostrava le macerie con chirurgia semantica, cucendo versi come ferite aperte sul corpo della società. Era il filologo che sapeva quanto una parola potesse diventare pallottola. O palliativo.
E i social? Per lui, sarebbero stati un nuovo lessico familiare da sabotare. Avrebbe letto le piattaforme non solo come tecnologie comunicative, ma come strutture ideologiche. Dentro TikTok avrebbe visto il riflesso del Capitale che si traveste da ironia. In Instagram, l’autonarrazione compulsiva dell’io performativo. Facebook? Una bacheca che imita la piazza ma rimuove il conflitto. X, un’orazione civile mutilata dall’indignazione algoritmica.
Ma guai a immaginarselo nostalgico o tecnofobo. Sanguineti non fuggiva la contemporaneità: la scarnificava per esporne le piaghe. Sarebbe stato, oggi, un poeta digitale? Forse sì. Avrebbe piegato i social alla sua poetica, ne avrebbe fatto installazioni verbovisive. Avrebbe portato Pasolini su TikTok con versi scomposti, avrebbe letto Dante in diretta streaming, montando la Commedia con uno scroll. Avrebbe disturbato i reel con la poesia.
La sua ironia marxista non avrebbe risparmiato nessuno: né gli influencer della cultura, né i contenuti brandizzati travestiti da contenuto politico. Sarebbe stato un intellettuale scomodo anche online, come lo era stato in Parlamento tra le file della Sinistra Indipendente, portando l’anticonformismo come bandiera, persino tra le maglie del compromesso istituzionale.
Non lo avrebbe salvato nessun algoritmo. Ma forse lui avrebbe salvato la rete da se stessa. In un tempo in cui il pensiero complesso è ridotto a didascalia e la parola diventa like, ci manca chi, come lui, trasformava il linguaggio in lotta. E ci ricordava che ogni verso è una barricata, ogni virgola una resistenza.