Il Patrimonio

Il patrimonio
di Giuseppe Miccoli
Tutto ciò che abbiamo scritto, di nostro pugno, prima dell’avvento dell’intelligenza artificiale, nel bene e nel male, nella gioia e nel dolore, è un patrimonio dell’umanità.
Un patrimonio nostro, imperfetto, vivo, irripetibile.
I nostri blog, anche quelli sgrammaticati, caotici, a tratti incomprensibili come certi brani dei Verdena del periodo Valvonauta, sono la memoria intatta di ciò che siamo stati. La nostra voce senza filtri. La nostra testa senza assistenza.
Scrivere — sulla carta, sulla Smemoranda, sulla Moleskine — non era solo mettere parole in fila.
Era lasciare un’impronta.
Un gesto.
Un’ossessione.
Era dare corpo a ciò che ci passava per la testa, anche quando era confuso, stonato, contraddittorio.
Scrivevamo male, spesso. Ma era vero.
Oggi quella voce rischia di sparire, coperta da parole troppo lucide, troppo perfette, troppo preconfezionate.
L’intelligenza artificiale ci suggerisce ogni giorno come comunicare, come apparire, come raccontarci.
Ma pensare con la propria testa è qualcosa che nessuna macchina può fare al posto nostro.
Per questo tutto ciò che abbiamo scritto va conservato per sempre.
Non per nostalgia, ma per difendere l’umano dalla sua cancellazione silenziosa.
Per ricordare alle nuove generazioni che scrivere — anche male, anche a vuoto — è un atto di libertà.
E allora diciamolo chiaramente: serve un impegno collettivo.
Della scuola, della politica, delle famiglie, dei media.
Serve un’educazione che inviti i ragazzi a pensare con la propria testa, a dire quello che sentono davvero, senza paura di sbagliare.
Serve una regolamentazione etica dell’intelligenza artificiale, che non lasci a pochi il potere di riscrivere il linguaggio umano.
Perché se perdiamo la capacità di scrivere ciò che ci passa per la testa,
rischiamo di perdere anche la testa.
E con essa, la memoria più autentica di ciò che siamo stati.