Sicilia dorsale dei dati e delle grandi connessioni, rimane il problema dell’impatto ambientale e della cybersecurity
Dalla superficie ai fondali, dal noto al sommerso. Se per gli antichi il Mediterraneo e la Sicilia erano l’ombelico del mondo, il cuore pulsante dell’economia globale, oggi hanno ritrovato la loro centralità da una nuova prospettiva. Sottovalutati o ignorati, in realtà l’Isola si è trasformata nel crocevia dei cavi sottomarini, divenendo la principale porta d’ingresso per l’Italia e l’Europa.
Ma perché sono così importanti? Attraverso queste infrastrutture passa la quasi totalità del traffico internet globale, circa il il 97%, e proprio da questi si snoda l’invio e lo scambio di dati anche di notevole importanza e particolare sensibilità. Uno dei punti nevralgici, da cui passano tutte le comunicazioni da e per il Medio Oriente e il Nord Africa, si trova proprio nelle acque italiane, davanti la punta occidentale della Sicilia, che si collega a Marsiglia.
Non è dunque un caso se le tensione generate dal conflitto tra Israele e Palestina e che invadono il Mar Rosso abbiano destato una diffusa preoccupazione. Non bastano infatti i tanti chilometri di distanza. Progettati per trasportare informazioni di rete o energia elettrica, tali cavi sono diventati uno dei principali temi di studio della moderna geopolitica a causa, non solo dell’importanza che rivestono, ma anche dell’incremento dei rischi di azioni di sabotaggio e danneggiamento. Già nel corso del 2022, la paura per un imminente attacco russo aveva spinto le autorità italiane a rafforzare progressivamente le attività di monitoraggio e vigilanza nelle proprie acque territoriali, soprattutto in alcune aree specifiche come il canale di Sicilia.
Osservando il rapporto Italia 2023 di Eurispes è possibile avere una visione più ampia e comprendere al meglio il ruolo strategico del Bel Paese. La mappatura dei cavi sottomarini italiani è varia e ne include alcuni di rilevanza locale ma anche regionale e globale. Seguendo l’andamento delle coste è possibile incontrane molteplici, alcuni dei quali hanno origine o termine in Italia, altri per cui, invece, è soltanto un punto di transito. Il centro della connettività della Penisola con i network regionali e globali è individuabile lungo le coste della Sicilia e in particolare nelle città di Trapani, Mazara del Vallo, Marina di Ragusa, Pozzallo, Catania e Palermo, quest’ultima, a oggi, interconnessa a due infrastrutture di scala globale.
Balza così subito agli occhi di chiunque come l’antica terra preda dei conquistatori del passato e tanto ambita per le sue ricchezze e la sua cultura, oggi celi una sorta di mondo parallelo con un mercato dalle sconfinate potenzialità. I dati lo confermano, con il 60% di queste infrastrutture che atterra in sole tre città: Mazara del Vallo, Catania e Bari. La scarsa varietà degli approdi italiani rappresenta così una criticità per la sicurezza e la continuità delle connessioni fornite.
Non solo geopolitica. Dalla banda ultra larga alle telecomunicazioni fino agli usi puramente scientifici.
Nell’era della digitalizzazione, considerando anche la fortunata posizione strategica che la Sicilia può vantare, non è possibile osservare solo elementi capaci di destare preoccupazione, ma è necessario cogliere tutte le opportunità e i frutti che ne possono derivare. Una sorta di miniera d’oro da poter fruttare anche e soprattutto a livello locale per cercare di colmare alcuni importanti gap infrastrutturali. Si passa dunque dagli oltre 250 milioni messi a disposizione proprio a inizio anno dall’Ue per finanziare la realizzazione di infrastrutture 5G e la realizzazione di cavi sottomarini, migliorando la sicurezza e la resilienza delle reti dorsali all’interno e verso il continente, fino al piano dedicato al collegamento delle Isole minori. Tra queste sono incluse per esempio Pantelleria, Lampedusa, Linosa o le Eolie.
Equipaggiati con strumentazione geofisica e ambientale, i cavi rappresentano anche una soluzione per estendere le osservazioni ad aree marine mai raggiunte, per supportare gli studi sul clima, sugli oceani, sulla struttura della Terra e sui disastri naturali. Ne è un esempio quello installato al largo di Catania, lungo 21 chilometri posto a duemila metri di profondità nel Mar Ionio da ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv).
La corsa all’innovazione si scontra, però, per l’ennesima volta, contro il muro dell’impatto ambientale e delle attività umane già messe a dura prova. I dati dell’Agenzia dell’Unione europea per la cybersecurity, infatti, evidenziano come il 40% dei guasti ai cavi sia dovuto all’ancoraggio o alla pesca. Essendo tipicamente posati o sepolti sotto il fondale marino, possono essere vulnerabili ai danni causati da attrezzi come le reti a strascico e da posta. I tempi di riparazione possono variare a seconda della gravità del danno e della posizione del taglio e in alcuni casi, possono essere necessari anche mesi per ripararlo. Le interlocuzioni tra i due mondi non sono mai state semplici e gli scontri sono stati sempre inevitabili.
Dei campanellini di allarme giungono anche dall’ecosistema, oltre che dagli stessi operatori del mare. Se l’impatto ambientale risulta contenuto per i cavi utilizzati per il trasporto di energia, più preoccupazione destano quelli di telecomunicazione e di comunicazione. Alcune ricerche pubblicate su Nature e Oceanography hanno fatto notare come i campi elettromagnetici influiscano sul comportamento di specie sensibili come le razze e le aragoste provocando implicazioni ecologiche e commerciali nell’area di posa limitrofa.