Social d’autunno: Meta, Snapchat e la nostalgia del feed

di Giuseppe Miccoli
C’era una volta il feed. Quello cronologico, quello senza algoritmo. Era l’epoca dei like innocenti e delle bacheche da sfogliare a occhi chiusi. Poi arrivarono le stories, i reel, le reaction, gli short, i cuori, gli algoritmi e lo scroll infinito. Oggi, dopo anni di rincorsa al coinvolgimento artificiale, ottobre 2023 ha segnato un momento di pausa. O forse di riflessione. Alcune piattaforme sembrano voler tornare indietro. O almeno fingere di farlo.
Meta, la holding che possiede Facebook e Instagram, ha rilanciato in alcune aree il “Facebook classic feed”, un ritorno alla bacheca “alla vecchia maniera”: meno contenuti suggeriti, più ordine cronologico, meno caos algoritmico. Una mossa in apparenza controcorrente, ma in realtà perfettamente in linea con la strategia dell’attenzione: parlare di semplicità dopo averla distrutta, proporre la nostalgia come commodity.
Nel frattempo, Instagram ha potenziato i sondaggi interattivi, rendendoli più dinamici, visivi, protagonisti anche nelle dirette Facebook. Si parla di “engagement”, ma è marketing: stimolare la risposta per moltiplicare la permanenza. Il contenuto non è più centrale, lo è l’interazione. È un social dove contano più le dita che gli occhi.
E mentre i colossi si ristrutturano, Meta ha acquisito TBH, una vecchia app destinata agli adolescenti, fondata sul gioco delle domande “positive” tra amici. Era già stata comprata da Facebook nel 2017, chiusa nel silenzio nel 2018, e ora risorge come un tentativo di intercettare la Generazione Z. Quella stessa generazione che ormai si rifugia altrove, nei gruppi chiusi, nei server Discord, nei canali broadcast, nei DM.
Dall’altra parte, Snapchat espande la sua sezione “For You”, replicando in modo dichiarato la strategia vincente di TikTok: smettere di mostrare solo ciò che scegli, e farti guardare ciò che non sapevi di volere. Una logica algoritmica così profonda da sembrare magica, che nel tempo ha reso TikTok molto più di un social: un motore di scoperta, un riflesso dell’inconscio digitale.
In questa giostra di aggiornamenti e acquisizioni, la domanda resta aperta: dove stanno andando i social? Cercano di sembrare più umani, mentre diventano sempre più macchine. Inseguono la “creator economy”, ma i contenuti sono sempre più standardizzati, dettati da trend, remixati senza sosta. L’originalità viene simulata, il tempo reale è finto, l’intimità è progettata in laboratorio.
I social non sono più piazze, ma vetrine personalizzate. Ogni aggiornamento, ogni funzione, ogni app recuperata serve a tenerci dentro più a lungo, in un sistema chiuso che ci conosce meglio di quanto ci conosciamo noi.
Nel 2023, i social non ci chiedono più cosa pensiamo, ma quanto restiamo. Non ci offrono strumenti per comunicare, ma ecosistemi dove essere calcolati. Eppure, resistono — anche tra i più giovani — il desiderio di scelta, il bisogno di autenticità, la voglia di non essere solo un dato.
Sotto la superficie di filtri, poll e notifiche, c’è ancora chi cerca una comunità. O magari solo una bacheca con meno rumore.