Social e diritto: la Cassazione non fa sconti

Il 16 maggio 2023, la Corte di Cassazione ha messo un punto fermo: la libertà di parola sui social non è una licenza poetica per insultare. Con la sentenza n. 13411, i giudici hanno ribadito che la diffamazione resta tale anche su Twitter, Facebook o Instagram.
Questa pronuncia smonta un luogo comune: quello che vede il social network come un’arena informale, dove il linguaggio può essere più aspro, meno filtrato, quasi “giustificato” dal contesto. Non è così. La legge non prevede sconti di pena per chi usa un profilo privato invece di una testata giornalistica.
È un messaggio chiaro a una società che confonde il diritto di critica con il diritto di offendere. La critica resta legittima solo se ancorata a fatti veri e a un interesse pubblico, mai alla diffamazione gratuita. Perché la parola — anche digitale — produce effetti concreti: mina reputazioni, altera relazioni, condiziona scelte.
E allora forse, più che moderare i toni per paura di una querela, bisognerebbe recuperare la responsabilità del dire. In rete, come fuori, le parole restano.
Giuseppe Miccoli