Somalia, algoritmo e machete

di Giuseppe Miccoli

Nel cuore bruciato del Corno d’Africa, la connessione si spegne. Con un ordine esecutivo lanciato il 21 agosto 2023, il governo somalo ha imposto il blocco di TikTok, Telegram e della piattaforma di scommesse 1XBet. Ufficialmente per fermare “contenuti orribili, disinformazione e propaganda estremista”. Nella pratica, per spegnere anche le voci scomode. È l’ennesimo atto di censura mascherato da moralità.

La Somalia è un Paese che vive sospeso tra guerra e sopravvivenza, dove lo smartphone è spesso l’unica finestra sul mondo e l’unico strumento di reddito. Le piattaforme vietate non erano solo contenitori di propaganda jihadista, ma anche spazi di economia informale, improvvisata, fragile, ma reale. Influencer, venditrici, giovani comici e piccoli artigiani avevano trovato in TikTok un microfono e una bancarella. Il governo li ha messi a tacere con la stessa mano con cui tenta di arginare al-Shabaab: con il blocco, con il machete.

Il paradosso è tutto qui: la disinformazione esiste, certo, ma non si combatte con l’oscuramento totale. Si combatte con l’educazione digitale, con la regolamentazione, con un lavoro paziente di contrasto narrativo. Bloccare Telegram in un Paese dove il giornalismo indipendente è ridotto al silenzio è l’ennesimo segnale che la lotta al “contenuto orribile” è selettiva. Colpisce ciò che disturba l’ordine, non necessariamente ciò che minaccia davvero.

Molti giovani somali hanno reagito con rabbia e disperazione. “Ci spegneranno le luci in casa”, ha detto un tiktoker locale. “Dove troveremo il pane quotidiano?”. La risposta non arriverà dal ministero, né dalla polizia delle telecomunicazioni. Arriverà, forse, da una VPN. Perché la censura, oggi, è un coltello che taglia sempre meno profondamente. Ma lascia ferite più silenziose.

Nel silenzio delle connessioni oscurate, resta una domanda che riguarda anche noi: chi decide cosa è “contenuto orribile”? Chi lo fa in Somalia, chi lo farà in Europa, chi lo ha già fatto negli algoritmi invisibili dei nostri feed?

Se il potere oggi si esercita anche attraverso le piattaforme, allora la resistenza deve abitare lo stesso spazio. Non basta più gridare in piazza. Bisogna imparare a digitare. Anche da Mogadiscio.

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