Sui social la verità è sospetta: anatomia dello scetticismo digitale

Quando l’informazione scorre a velocità di feed e si consuma in scroll compulsivi, uno studio pubblicato a luglio sul Journal of Computer-Mediated Communication mette a nudo una dinamica cruciale: sui social media, la verità è costantemente in discussione. La ricerca, dal titolo “Discerning and sharing factual information on social media”, presenta due esperimenti che analizzano il modo in cui gli utenti valutano e condividono notizie, rivelando un diffuso scetticismo come postura cognitiva di default.

Gli autori hanno osservato che la maggior parte degli utenti non assume le notizie acriticamente, ma le filtra attraverso un set di euristiche personali: reputazione della fonte, coerenza con le proprie convinzioni, feedback del gruppo di pari. Questo significa che la credibilità non è mai un dato oggettivo, ma un compromesso tra percezione individuale e dinamiche di comunità.

Un aspetto rilevante emerso dagli esperimenti è che il livello di scetticismo non coincide necessariamente con la precisione informativa: molte volte, la diffidenza porta a non condividere contenuti anche quando sono accurati, per timore di “esporsi” o di prendere posizione. È il paradosso dell’abbondanza informativa: più abbiamo accesso a dati e fonti, più cresce il sospetto verso tutto ciò che circola.

Lo studio segnala inoltre il ruolo ambivalente del fact-checking: se da un lato aumenta la fiducia in specifici contenuti verificati, dall’altro può alimentare il sospetto verso tutte le altre informazioni che non hanno ricevuto un bollino di autenticità. In altre parole, la certificazione formale diventa un segnale di fiducia, ma al tempo stesso riduce la tolleranza verso l’incertezza.

In questo contesto, la condivisione sui social non è un gesto neutro: è un atto identitario, un segnale al proprio network. Ciò che pubblichiamo racconta chi siamo e cosa scegliamo di legittimare. Per questo, molti utenti preferiscono trattenere piuttosto che rischiare, in un ecosistema dove ogni clic può essere letto come una presa di posizione politica o etica.

Il quadro che emerge dal luglio 2023 è quello di un’arena informativa iper-connessa ma fragile, dove la fiducia è un bene raro e l’autenticità un campo di battaglia. Lo scetticismo, in questo scenario, non è solo una strategia difensiva: è il sintomo di una cultura digitale in cui la verità non si dà mai per scontata.

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