Telecamere a bordo e stop pesca a strascico, Messina: “Ue cambi approccio, futuro a rischio”

Mi chiedo come ritengano possibile installare delle telecamere in un peschereccio. Viola la privacy ed è un ulteriore fardello per chi non ce la fa più. Le imprese di pesca non riescono a chiudere i bilanci in positivo. Gli effetti della pandemia e della guerra tra Russia e Ucraina, con i prezzi del costo energetico schizzati alle stelle, hanno peggiorato le cose. Le prospettive non sono rosee“. Così Giuseppe Messina, segretario di Ugl Sicilia, ha commentato le ultime strette contenute nell’accordo provvisorio sulla revisione del regime di controllo della pesca raggiunto tra il Consiglio e il Parlamento europeo.

Tra le misure più discusse di Bruxelles è incluso l’obbligo di installare telecamere a bordo delle imbarcazioni che superano i 18 metri di lunghezza. Questa è solo l’ultima delle decisioni che nel corso degli anni hanno messo in ginocchio un intero settore. Un comparto che in Italia non solo rappresenta storia e tradizione ma racchiude una fetta importante dell’economia e coinvolge migliaia di lavoratori che negli ultimi decenni hanno vissuto drastici cambiamenti.

Da oltre 30 anni – ha dichiarato Messina – conduciamo una battaglia di trasparenza con l’Unione Europea che, con lo strumento della politica comune della pesca ma anche con una serie di provvedimenti racchiusi in regolamenti, direttive e raccomandazioni, ha costruito un percorso che ha portato le marinerie a ridurre la propria dimensione operativa. Con la necessità di dover ridurre lo sforzo di pesca, salvaguardare l’ambiente marino e alcune specie ittiche a rischio estinzione si è arrivati alla demolizioni dei natanti. Si è preferito demolire che mantenere i pescherecci. L’Ue – aggiunge – ha impedito la costruzione di nuovi natanti da pesca, più sicuri per condizioni di lavoro ed igiene“.

Le varie politiche, di demolizione, di diminuzione delle giornate di pesca e di aumento delle aree dove è posto il divieto di svolgere attività “hanno colpito soprattutto la Sicilia. Quando un peschereccio di Mazara del Vallo, di Sciacca, di Portopalo di Capo Passero o di Porticello esce con lo strumento dello strascico deve conoscere il labirinto per capire dove entrare e dove uscire“.

Proprio lo strumento dello strascico è destinato a scomparire entro il 2030. “Nonostante gli studi, i miglioramenti e la mancanza di ricerche appropriate, che possano affermare con certezza che lo strumento è dannoso per la flora e la fauna, hanno deciso che dovrà essere eliminato“. A serio rischio ci sono la pesca d’altura, che conta circa 3mila imbarcazioni in Italia, e la cattura del gambero rosso. “Continueremo a mangiarli – sottolinea il segretario di Ugl Sicilia – ma solo perché arrivano da tunisini, algerini, marocchini, albanesi o turchi. Sono tutte marinerie attrezzate e modernissime che continuano a pescare senza divieto di giorni o zone di pesca“.

Secondo Messina tutte queste falle contenute nei provvedimenti europei sono frutto di una filosofia di pesca che si rifà ai paesi del nord. “Non è un sistema riproducibile nel Mediterraneo. Lì le specie bersaglio sono 3-4, qua abbiamo una varietà sconfinata. Quelche rappresentante da Bruxelles ogni tanto si sposta dalle nostre parti ma non sono stati fatti passi avanti: o sono state spiegate male le criticità o ascoltano senza sentire“.

Infine l’appello al Governo e al ministro Lollobrigida: “Bisognerebbe spingere per far cambiare approccio e cultura nell’affrontare i problemi nel Mediterraneo. La proposta – dichiara – è far ragione l’Unione Europea che svolge ed esercita un ruolo di influenza storico e importante nel Mediterraneo, sia nel Maghreb sia nel Sahel, con importati finanziamenti e aiuti umanitari. Bisognerebbe mettere sul tavolo anche il dossier pesca. Gli armatori non contestano le giornate di pesca ma che questi divieti non riguardino anche le marinerie extra europee che lavorano nello stesso tratto di mare. Negli ultimi 30 anni nonostante sia stato distrutto il settore lo sforzo di pesca non si è ridotto. Serve un tavolo – conclude – che già esiste a livello istituzionale, con tutti i paesi per un unico accordo con regole condivise e rispettate da tutti“.

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