I trend social del 2023: tra autenticità programmata e crisi di Twitter

di Giuseppe Miccoli
Le piattaforme digitali hanno un talento unico: trasformare in tendenza ciò che un tempo era normale. Lo dimostra il rapporto pubblicato a gennaio 2023 da DeRev, che elenca sette previsioni destinate a segnare l’anno dei social media. Uno sguardo sul futuro che, più che indicare novità radicali, fotografa una condizione: viviamo dentro un ecosistema in cui ogni gesto quotidiano – programmare un post, rispondere a un sondaggio, cercare informazioni – diventa terreno di battaglia per l’attenzione.
Il primo dato riguarda la programmazione nativa dei contenuti. Se fino a pochi anni fa servivano piattaforme esterne, oggi persino colossi come Instagram e LinkedIn offrono strumenti interni per pianificare i post. È la normalizzazione del marketing: non più social “di passaggio”, ma veri e propri palinsesti editoriali dove ogni parola è calibrata e schedulata. La spontaneità, quando c’è, deve comunque adattarsi a una griglia temporale pensata per massimizzare visibilità e ritorni.
Al centro di queste dinamiche si colloca la seconda previsione: algoritmi sempre più sofisticati, progettati per favorire un coinvolgimento che sembri autentico. Sondaggi, dirette, sessioni di domande e risposte: strumenti che dovrebbero avvicinare utenti e brand, ma che rischiano di ridurre la conversazione a un format preconfezionato. L’autenticità diventa così un prodotto: la spontaneità, paradossalmente, è programmata.
Il rapporto non ignora la crisi di Twitter, precipitato in un vortice di incertezza sotto la guida di Elon Musk. Una gestione controversa, tra licenziamenti e decisioni arbitrarie, che ha aperto spazio a piattaforme alternative come Mastodon, meno centralizzate e più comunitarie. Qui si gioca un passaggio cruciale: la possibilità che un social “indipendente” possa erodere l’egemonia di un colosso globale. Ma la strada è lunga, e il futuro dipenderà dalla capacità degli utenti di abbandonare la comfort zone.
Tra le tendenze più interessanti spicca il ruolo di TikTok come motore di ricerca delle nuove generazioni. Non più solo intrattenimento, ma uno spazio in cui i ragazzi cercano recensioni di locali, spiegazioni di concetti, persino aggiornamenti di attualità. Un fenomeno che mette in discussione il monopolio di Google, minacciato non da un concorrente diretto, ma da un social che riduce la conoscenza a clip di pochi secondi. È una mutazione radicale: informarsi diventa scrollare, con tutto ciò che questo comporta in termini di superficialità, manipolazione e frammentazione del sapere.
Altri trend del 2023, secondo DeRev, riguardano la crescente importanza dei formati brevi e interattivi, la sfida tra piattaforme per la supremazia nell’e-commerce e la pressione crescente per rendere le community più inclusive e meno tossiche. Ma al di là dei dettagli, il filo conduttore resta lo stesso: i social media continuano a inseguire il mito della connessione autentica, mentre ne costruiscono una versione algoritmica, modulata per massimizzare permanenza e profitti.
In questo scenario, la parola “tendenza” rischia di diventare sinonimo di “condizionamento”. Non sono gli utenti a dettare i trend, ma i sistemi che li governano, suggerendo cosa pubblicare, quando e come. Eppure, nonostante la disillusione, restiamo dentro questi spazi: ci informiamo, ci divertiamo, ci indigniamo, come se fuori non esistesse più nulla.
Il 2023 dei social, a giudicare da queste prime previsioni, sarà l’anno in cui la promessa di autenticità si consumerà definitivamente. Twitter traballa, TikTok si afferma, LinkedIn e Instagram professionalizzano, Mastodon osserva da lontano. E noi, ancora una volta, ci ritroviamo spettatori e attori di un teatro che cambia scenografia, ma non copione: la rappresentazione infinita di una socialità in cerca di senso.