Ucraina, Coldiretti: “Il braccio di ferro sui porti fa salire il prezzo del grano”
Con il braccio di ferro sullo sblocco dei porti del Mar Nero sono tornati a salire i prezzi del grano e del mais che nell’ultimo girono di contrattazione hanno raggiunto rispettivamente 11,57 dollari/bushel e a 7,77 dollari/bushel alla chiusura settimanale della borsa merci future di Chicago che rappresenta il punto di riferimento mondiale del commercio delle materie prime agricole. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti che evidenzia gli effetti della richiesta della Russia di superare le sanzioni per consentire il trasporto dei cereali che è stata per adesso rigettata dall’alleanza atlantica e dalla stessa Ucraina.
La partenza delle navi – sottolinea la Coldiretti – significa lo svuotamento dei magazzini dove si stima la presenza di oltre 20 milioni di tonnellate di cereali tra grano, orzo e mais destinati alle esportazioni sia in Paesi ricchi che in quelli più poveri dove il blocco rischia di provocare rivolte e carestie. Paesi come Egitto, Turchia, Bangladesh e Iran che acquistano più del 60% del proprio grano da Russia e Ucraina ma – precisa la Coldiretti – anche Libano, Tunisia Yemen, e Libia e Pakistan sono fortemente dipendenti dalle forniture dei due Paesi.
Una necessità per lasciare spazio nei magazzini per accogliere i nuovi raccolti in arrivo tra poche settimane per un quantitativo di grano stimato di 19,4 milioni di tonnellate, circa il 40% in meno rispetto ai 33 milioni di tonnellate previsti per questa stagione, che collocano comunque l’Ucraina al sesto posto tra gli esportatori mondiali di grano.
Una situazione che riguarda direttamente anche l’Unione Europea nel suo insieme dove – precisa la Coldiretti – il livello di autosufficienza delle produzione comunitaria varia dall’82% per il grano duro destinato alla pasta al 93% per i mais destinato all’alimentazione animale fino al 142% per quello tenero destinato alla panificazione secondo l’analisi della Coldiretti sull’ultimo outlook della Commissione Europea che evidenzia l’importanza di investire sull’agricoltura per ridurre la dipendenza dall’estero e non sottostare ai ricatti alimentari.
L’emergenza mondiale colpisce l’Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame, secondo l’analisi della Coldiretti. In particolare l’Italia ha acquistato dall’Ucraina 122 milioni di chili di grano tenero per la panificazione ma anche 785 milioni di chili di mais, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat relativi al 2021.
“L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’importanza di intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con misure immediate per salvare aziende e stalle e strutturali per programmare il futuro.