UNICT: “La Caravella Portoghese è sempre stata presente nel Mar Mediterraneo”

La Caravella Portoghese è sempre stata presente nel Mar Mediterraneo. Lo dimostra una ricerca – dal titolo The Portuguese Man-of-War Has Always Entered the Mediterranean Sea—Strandings, Sightings, and Museum Collections pubblicata sulla rivista scientifica Frontiers in Marine Science – basata sui più antichi reperti conservati nel Museo di Storia naturale di Firenze che testimoniano la presenza di una colonia raccolta nel 1850 a Nizza e un’altra nel 1863 a Livorno. Altri documenti, invece, conservati nel Museo Darwin-Dohrn della Stazione zoologica “Anton Dohrn” di Napoli, confermano l’esistenza di una colonia risalente al 1914 dal Golfo di Napoli. Reperti storici, in un ottimo stato di conservazione, la cui data e luogo di cattura erano documentati dai cartellini storici originali.

Documenti delle collezioni zoologiche dei musei di Storia naturale italiani che sono stati integrati con informazioni condivise dai cittadini sul web grazie alla modalità riconducibile alla Citizen Science.

Lo studio – condotto dai ricercatori Francesco Tiralongo dell’Università di Catania, Rosario Badalamenti, Vincenzo Arizza e Sabrina Lo Brutto dell’Università di Palermo e Laura Prieto dell’Instituto de Ciencias Marinas de Andalucía –  ha ricostruito la storia della presenza della Caravella nelle acque mediterranee confermandone l’arrivo nel mar Mediterraneo dall’Oceano Atlantico per poi giungere fino alle coste dell’Italia centrale e meridionale. In particolar modo, precisano i ricercatori, si è concentrata in particolari aree a maggior rischio per attività turistiche, diportistica e balneare.

La Caravella Portoghese, scientificamente nota come Physalia physalis, è tra le specie marine più pericolose che un bagnante può incontrare nel nostro mare. Un organismo coloniale pleustonico, ovvero formato da un insieme di polipi specializzati che vivono galleggiando sulla superficie dell’acqua grazie a una “sacca” piena di gas, con una forma leggermente appiattita, che funge da vela, detta pneumatoforo.

Comunemente considerata una “medusa” da parte dei non addetti ai lavori, per i biologi marini la Caravella Portoghese è un Sifonoforo, parente delle meduse in senso stretto. Possiede organelli urticanti utilizzati per predare, capaci di provocare reazioni molto gravi nell’uomo, fino, in casi estremi, alla morte. I suoi tentacoli possono raggiungere una lunghezza di 30 metri e risultare particolarmente pericolosi perché non facilmente visibili da parte dei bagnanti.

Questo sifonoforo, diffuso in tutti i mari, era stato segnalato per la prima volta in Mediterraneo solo in tempi relativamente recenti. Si pensava, dunque, che non fosse un pericolo tale da pianificare adeguate azioni di divulgazione scientifica finalizzate a far conoscere Physalia nelle località balneari. Ancora oggi, di fatto, molti cittadini sconoscono la Caravella Portoghese.

Lo studio mostra il valore dei musei naturalistici, in quanto risorsa scientifica nell’acquisizione di informazioni sulla biodiversità storica e attuale, essenziale alla comprensione di tutti quei processi di alterazione ambientale a cui stiamo assistendo, quasi inermi.

«L’Italia ha una lunga tradizione naturalistica e museale – afferma la prof.ssa Sabrina Lo Brutto, docente di Zoologia del Dipartimento Stebicef dell’Università di Palermo e direttore del Museo di Zoologia “Doderelin” –. Prova ne è che il modello di distribuzione della Physalia, descritto nell’articolo, è il risultato della consultazione di una ricca bibliografia scientifica italiana, dell’accesso a collezioni storiche custodite nei musei di storia naturale italiani, e, non per ultimo, dell’interesse del comune cittadino verso le Scienze e la Natura. Essenziale è stato l’approccio Citizen Science, cioè l’apporto di informazioni ricavate dai social e dal web».

«La Citizen Science – afferma Francesco Tiralongo, ricercatore del Laboratorio di Biologia della Fauna Marina Mediterranea diretto dalla prof.ssa Bianca Maria Lombardo del Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Catania e responsabile nazionale del progetto AlienFish – rappresenta uno strumento estremamente utile e low cost, che ci permette, soprattutto grazie alla collaborazione di numerosi appassionati, pescatori professionisti e non, di monitorare su vasta scala la presenza e l’espansione di specie marine di particolare interesse, come le specie non-indigene, quelle rare, e, come nel caso in questione, di specie pericolose per la salute dell’uomo e di conseguenza adottare misure idonee a prevenire spiacevoli incidenti».

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